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    The act of dying is one of the acts of life
    Riusciva ancora ad avvertirla, la sensazione della piccola mano di Maesi stretta nella sua. Il modo in cui aveva rinchiuso quella fragile estremità in una presa salda, sicura, preoccupata, forte, forse tanto da essere dolorosa. Aveva corso, cercando una via d’uscita, strappandola dalle grinfie di una tragedia che aveva toccato altre persone. Non avrebbe voluto lasciarla andare, ma aveva dovuto. Quando tutto si era spento, quando la situazione si era calmata e loro si erano tranquillizzati, aveva dovuto guardarla tornare tra ciò che era rimasto dei rossi tendoni del circo. Ma a Maesi aveva promesso che si sarebbe fatto vedere presto. Per quella ragione, il giorno dopo, si era presentato al circo, armato di permesso e famiglia mandata direttamente dal Ministero della Magia Inglese, che voleva assicurarsi che nessuna creatura fosse fuggita durante il caos che si era scatenato. E chi, se non i Vermilion, poteva occuparsi di una cosa del genere? Aveva indossato la divisa del “lavoro”, o quella che comunque sarebbe diventata tale una volta fuori da Hogwarts. Scarponi, pantaloni, maglia, guanti e mantello. Tutto in nero, ovviamente, dove solo il mantello presentava il disegno in rosso del teschio di un drago impalato da una bacchetta. Il simbolo dei Vermilion. L’intera divisa era resistente al fuoco, per cui non aveva nemmeno bisogno di preoccuparsi troppo che potesse accadergli qualcosa, nel remoto caso in cui fosse scoppiato un altro incendio. Non si era presentato al circo da solo, però. Con lui erano arrivasti anche diversi membri della sua famiglia, compreso suo padre e il nonno. Quest’ultimo aveva blaterato tutto il tempo di come, ai suoi tempi, per giungere a Hogwarts doveva sconfiggere più draghi insieme, scalare montagne e cose cosí. Insomma i soliti discorsi esagerati di un signore che schifava le generazioni più giovani. Fu proprio nonno Vermilion ad occuparsi di Skrynder, catturandone l’attenzione una volta arrivati e finendo con lo sparire in uno dei rossi tendoni. Ogni Vermilion aveva una piccola lista di creature da controllare ed a lui era toccata quella con le creature più semplici da gestire, cosa che l’aveva portato a staccarsi dal resto della famiglia. Si era giusto occupato di controllare un paio di fatine e di pixie, quando notò che nella lista mancava uno snaso. Con le intenzioni di catturarlo, aveva quindi preparato una trappola in cui farlo cadere. C’erano circa cinque galeoni per terra, posti su un piccolissimo meccanismo che si sarebbe attivato una volta mossi, facendo cadere una innocua rete proprio sulla creatura o su chiunque avrebbe tentato di rubargli le monete. Una volta preparato tutto, si nascose in un angolo buio del tendone, attendendo pazientemente lo scatto di quella trappola. Non ci volle poi molto, dopo qualche minuto avvertì un versetto e la rete cadere, per cui rapido uscí allo scoperto. « Ti ho preso! » esclamò, ignaro di chi avrebbe incontrato di li a poco.




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    Gli effetti della sua bravata - così era stata considerata dai più - si riflessero ovunque. Maesi ne notò ogni accenno, oltre gli scorci vermigli e dolorosamente cicatrizzanti che spiccavano sulla sua pelle. Silenziosa, se n'era rimasta in quell'angolo punitivo, la schiena dolorante attecchita alla parete legnosa, impolverata e ricca di schegge, nonostante il fastidio provato. Era il suo modo per intrappolare in se stessa quella che altrimenti sarebbe stata una tragica esplosione, qualcosa che non voleva più affrontare. Skrynder, dal canto suo, aveva sussurrato una strana maledizione a denti stretti, una formula probabilmente atta a sopprimere l'impulsiva emotività della ragazzina di cui solo lui era a conoscenza. L'aveva stordita, per impedirle di soccombere alle parti più dannose di sé e mettere di nuovo a repentaglio il circo nella sua interezza. Poi, scagliatole contro questo e l'altro fascio di massacranti incantesimi, l'aveva lasciata a subirne gli effetti una volta ripresa piena coscienza di sé e del suo corpo.
    La Goodwin era troppo spaventata per azzardare un fiato, persino per muovere un singolo passo verso un qualsiasi altro anfratto del tendone. Eppure Skrynder l'aveva lasciata lì da un po'. Ore, probabilmente. Interminabili, scandite da sospiri, singhiozzi mozzati, gambe tremanti, mani macchiate di terra e sangue, il suo. Nulla avrebbe potuto smuovere la ragazza da quell'eterno attimo di terrorizzata contemplazione. Fu solo il giungere dei primi ordini successivi a quella punizione, la prima di altre, a costringerla a tirarsi in piedi, a darsi un tono e rimettersi a lavoro per svolgere questa o l'altra mansione.
    Aveva rimesso a posto parte del disastro di cenere che aveva scatenato, i residui di un lavoro d'emergenza che membri più competenti avevano già attuato in fretta. Lo aveva fatto senza lasciarsi distrarre, sino a quando l'arrivo di gente, forse gli ennesimi Auror venuti a conoscenza dell'accaduto o altre influenti persone tenute ad occuparsi del caso, non l'aveva spinta a nascondersi dietro una tenda. Erano voci che non riconosceva, sebbene la familiarità con alcuni udibili appellativi avrebbe di norma potuto riportarla a dettagli di cui era in realtà consapevole.
    Lo stordimento delle torture subite non le fu d'aiuto in questo. La spinse anzi ad azzardare più di quanto non si sarebbe concessa qualche ora prima, nel notare delle anomale monete posizionate sul pavimento, in un'altra ala dell'ampia struttura. La paura di aver lasciato qualcosa fuori posto le impose di intervenire. Quando però le sue mani si apprestarono a recuperarle, qualcosa scattò improvvisamente, esplodendo in quello che sembrò un perfetto e ben congeniato meccanismo da trappola.
    Squittì spaventata, mentre una rete le cadeva addosso. Eppure, ancora, si costrinse a trattenere in sé le più manifeste delle sue emozioni, esalando sospiri che comunicavano la sua paura, sino all'attimo in cui una figura, stavolta chiara e davvero conosciuta, si stagliò dinanzi ai suoi occhi lucidi e preoccupati. 'M-Midnight!' Esclamò, dimenandosi con poca forza alla ricerca di una salvezza che non sarebbe arrivata. Non continuando a contare unicamente sulle sue forze. 'Aiutami, ti prego, toglimela di dosso.' Chiese altrettanto supplicante, prima di affacciare gli occhioni ricolmi di sofferenza oltre gli intrecci della rete. Il volto violaceo, sfumato dell'asciutto rosso sangue di altre ferite malamente tamponate, si piantò privo di consapevolezza in quello del ragazzo.'Cosa ci fai qui?'


     
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    Nessuno, sin da quando era arrivato, aveva osato dargli fastidio. I tirapiedi di Skrynder sembravano essere terrorizzati da lui, dalla rabbia che poteva scoppiare qualora qualcosa fosse andato di nuovo storto. Le conseguenze di quanto fosse accaduto solo poche ore prima erano ancora troppo vive per essere considerato un lontano ricordo. Ma innegabile era dire che quello che era stato compiuto era decisamente un grave errore, un gesto che poteva – e forse era stato – fatale a qualcuno. E tutto, per cosa? Non gli era chiaro, non ancora. Non ne sarebbe stato realmente cosí interessato se ciò avesse riguardato qualcuno che non conosceva o che preferiva vedere steso sulle rotaie mentre passava l’Hogwarts Express. Eppure gli interessava perché riguardava una dolce Circense che aveva conosciuto da poco. Non era riuscito a raccogliere molte informazioni però, ne era riuscito a scorgere l’esile figura della ragazza. Per cui si era semplicemente concentrato sul vero motivo per cui era li: il lavoro. Doveva semplicemente recuperare uno snaso ribelle e poi aveva finito. Preparò la trappola, posizionò le monete ed attese fino a che non sentì un piccolo squittio. La trappola scattò. La rete cadde. Ma quando lui si rivelò, sotto la sua rete non c’era una creatura, c’era una ragazza.
    Gli occhi chiari si spalancarono appena, sorpresi, mentre scivolano sul viso della giovane che lo riconobbe immediatamente. Ci volle qualche secondo di troppo prima che lui si avvicinasse. Non era colpa sua, la vista era come se gli si fosse appannata per qualche istante. Il tempo si era fermato di qualche secondo quando aveva notato in che condizioni riversasse la ragazza. Digrignò i denti e si avvicinò, mentre serio e con un’espressione concentrata le toglieva la rete di dosso, lanciandola di lato. Una volta liberata la ragazza, però, allungò un braccio e tentò di afferrare quello dell’altra, tirandola a sé, cercando di circondarle le spalle, stringendola al suo petto. Se ci fosse riuscito, sarebbe andato a posare il capo vicino al suo, chinandolo appena. « Chi è stato? » il tono di voce vibrava di rabbia, ma suonava sicuro. « È stato quel pervertito a ridurti cosí? » domandò ancora, staccandosi appena da lei per cercare i suoi occhi, trovandoli lucidi e sofferenti. Si riferiva a Kyril con quell’appellativo, ma si era riferito in quel modo a lui per via dell’episodio in cui aveva frainteso le sue intenzioni. « Il Ministero della Magia ha chiesto alla mia famiglia di controllare che sia tutto in ordine. » le disse « Che non ci sia il rischio che qualche creatura scappi. Vuole essere sicuro che sia tutto apposto. » spiegò, avvicinandosi al suo orecchio. « Quello che non sapevo è che hai l’anima di un piccolo snaso. » le sussurrò, cercando di sfilare una mezza battuta per farla sorridere. Si allontanò subito dopo, tentando di prenderle la mano, indicandole di seguirlo. « Entro sera lo catturo e lo rimetto nella sua gabbietta. » le disse « Prima però… Non sono sicuro, ma... Forse ho dell’essenza di dittamo… » borbottò, corrugando le sopracciglia con aria appena preoccupata, iniziando a frugare nelle tasche del proprio mantello. Non era un grande mago, non era un guaritore, ma se c’era qualcosa che poteva fare miracoli era di certo il Dittamo e Maesi sembrava averne davvero bisogno.



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    Avrebbe potuto trovare chiunque. Sarebbe potuta incappare in uno spettatore qualsiasi che neanche conosceva il suo nome, che avrebbe forse trovato familiarità nei contorni del suo volto sino ad associarli all'incidente per cui chiedere ferocemente un rimborso, danaroso o morale che fosse. Erano gli occhi di Midnight quelli che incrociò ed immediatamente la sua anima si spaccò in due metà identiche, opposte ma al contempo complementari. C'era la voglia di rivederlo, di imparare a conoscerlo a seguito di quella condivisa bravata pomeridiana tra i tetti di Hogsmeade; si scontrava prepotentemente con la vergogna, il timore di sostenere uno sguardo carico di interrogativi quanto di nervosismo, incredulità, forse persino pietà. Non lo conosceva abbastanza da stipulare l'una o l'altra sfaccettatura, si arrovellava tra ipotesi in cui perdersi distrattamente. Permise però alle sue mani di raggiungerla, di tirarla fuori da quella rete e tastare con una preoccupazione mai sperimentata prima il suo corpo martoriato dall'indecenza di Skrynder. Si perse in quell'abbraccio, godendone più di quanto riuscisse a comprendere in quello stato di shock e sofferenza.
    'Chi...? Kyril?' Cercò una conferma nel suo volto, prima di scuotere debolmente il capo e concedergli una parte di verità. 'No, lui non c'entra...' Non del tutto. Era stato indiretto fautore di quella conseguenza, ma avrebbe davvero potuto riversare sul ragazzo tutta la colpa? Maesi aveva ceduto, quella era la convinzione che racchiudeva la propria realtà. Aveva rincorso inspiegabilmente l'umano desiderio di legarsi a qualcuno che affrontasse il suo stesso percorso. L'ingenuità l'aveva ingabbiata. Lei si era lasciata mettere in trappola.
    Sostò a lungo tra le sue braccia, preoccupata che raccontargli di più sull'accaduto potesse sciogliere quel legame avvolgente, piccolo ed acerbo, ma ricco di sensazioni nuove a cui dare un nome certo sarebbe stato impossibile. Ci volle un po' prima che il cambio di rotta delle sue parole la convincessero a tirare fuori un po' di fiato.
    'Vieni da una famiglia davvero importante allora. Siete cacciatori?' Domandò innocente, prima che il sussurro del ragazzo le solleticasse l'orecchio, il fiato a sfiorarle il collo investito da brividi puri. 'Uno snaso? Davvero?' Sorrise, non per il paragone in sé quanto per l'idea ci fosse una di quelle creaturine a ronzare per il tendone in libertà. Una visione assai più gradevole di tutte le bestie rinchiuse in questa o quella gabbia. 'In effetti mi piacciono le cose luccicanti! Ruberei migliaia di forchette d'argento, se ne avessi l'occasione.' In poco riuscì ad addentrarsi in quel piacevole clima di battute, un anfratto privato in cui essere liberi, due giovani ragazzi spensierati che avevano il potere di ridere insieme nonostante le circostanze. Le fece bene.
    Lasciò che si allontanasse, sentendosi appena rigenerata dall'abbraccio poc'anzi ricevuto. Ancora stretta nelle spalle, con un briciolo di curiosità e parecchia voglia di posare gli occhi sul piccolo snaso, una proposta si slanciò spontaneamente dalle sue labbra distese. 'Ti aiuto a cercarlo! Senza trappole stavolta.' Sarebbe stata una sfida, ma avrebbe potuto dilungare il tempo per entrambi e quello non le sarebbe dispiaciuto affatto. 'Probabilmente gli piace darsi alla fuga, come me.' Un'ultima constatazione divertita, prima che le priorità dell'altro le mozzassero il fiato.
    Midnight nominò il dittamo e fece per cercarne un po' tra le proprie tasche. Indossava ancora quell'elegantissimo mantello. La Goodwin arrossì appena nel notare quanto bene gli stesse, come si posasse armoniosamente sul corpo atletico che lo caratterizzava. Ed in definitiva, la premura insita in quella proposta la accese di ulteriore lusinga. Di nuovo, si sentì preda di emozioni che non avevano un nome, né una forma definita. Erano calorose, calmanti, piacevoli... ma nulla che riconoscesse nella propria esperienza.
    'Oh, io... non l'ho mai usato.' Le cicatrici che gli ampi e vecchi vestiti nascondevano raccontavano perfettamente quella storia. 'Non so neanche se Skrynder sarebbe d'accordo.' Sbottonò parte di quella verità sino ad allora trattenuta, attendendo speranzosa che il ragazzo insistesse comunque per donare sollievo al bruciore delle ferite riportate.


     
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    Quando gli avevano detto che sarebbero dovuti andare al Circus Arcanus, aveva vagliato la possibilità di incontrare Maesi. Nel suo immaginario, tuttavia, la giovane circense non si trovava affatto in quelle condizioni. L’osservava attento ma nel suo sguardo ghiacciato non c’era pietà, non sapeva nemmeno cosa fosse. Si poteva vedere però una sfumatura preoccupata che scivolava sulle ferite altrui, studiandole, lasciando da parte gli interrogativi che potevano nascere per capire come potesse agire. Non che fosse poi così bravo a prendersi cura di altre persone. Nel momento in cui la sentì spaventata, però, il suo corpo si mosse da solo e lui la strinse a sé, accogliendola in un abbraccio che voleva essere rassicurante e protettivo. Mentre la teneva contro di sé, avvertendo con le dita il corpo più fragile dell’altra, un senso di irritazione nacque all’interno del suo petto, accendendo un cuore che già di per sé era facile all’irritazione. Non riuscì a trattenersi dall’indagare su chi fosse il responsabile ed uno dei responsabili non poteva che essere il ragazzo dai capelli blu che aveva malamente cercato di portargli via Maesi giusto qualche ora prima. Strinse le labbra in una linea dura e sottile, piegandole poco dopo verso il basso per mostrare una piccola smorfia.
    Non voleva insistere, per quanto non fosse sicuro di quella risposta. Non è che non volesse crederle, semplicemente non voleva che Maesi si addossasse la colpa. Qualcosa doveva essere successo, per forza, vista la fretta che il suo collega aveva mostrato e le azioni compiute dalla ragazza subito dopo. Non gli erano chiari i motivi, però.
    « Maesi… » tentò di catturare la sua attenzione, abbassando la testa verso di lei. La mano destra tentò di scivolare dietro la sua nuca, carezzandole i capelli scuri. Sospirò piano. « …Questo Kyril, non sembrava un soggetto gentile. » decisamente non un tipo da carezze, almeno per quanto aveva visto. Non lo conosceva, per cui poteva solo fare supposizioni e, ciò che aveva visto, ovviamente lo portava a pensare che quel tipo potesse essere capace di lasciare segni del genere su una ragazzina come la circense che aveva davanti. « Non voglio metterti pressione, ma ho bisogno di fare chiarezza. » spiegò con più calma, abbozzando un leggero sorriso a labbra chiuse. Sciolse l’abbraccio poco dopo, decidendo che era il caso di accantonare momentaneamente il discorso e cercare di capire come potersi occupare di quelle ferite. Non gli piaceva vedere il suo volto disastrato. Per niente.
    « Si, da generazioni. Lo diventerò ufficialmente anche io dopo che avrò finito gli studi. » spiegò riguardo alla propria famiglia ed alla loro professione. Frugò nelle tasche del proprio mantello, sbuffando divertito nel sentirla. Annuì. « Si. È uno snaso dispettoso. » le disse con un sorrisetto, lasciandosi sfuggire una risata leggera subito dopo. « Forchette? » chiese subito dopo, immaginandosi la ragazza alle prese con l’argenteria, rise e scosse il capo. « Si, c´è un piccolo snaso dentro di te. » confermò con un sorrisetto, estraendo una piccola boccetta dal colore marrone. « Possiamo provarci. » rispose riguardo al catturare lo snaso insieme, senza l’utilizzo di trappole. « Ma prima… » commentò avvicinandosi a lei, mostrandole l’oggetto che aveva trovato. « …Ci occupiamo di te. » ammiccò. « Se ci riesco, magari avremo qualche possibilità anche con lo snaso. » fece riferimento nuovamente al loro gioco, tentando di allungare una mano verso di lei. I polpastrelli delle dita tentarono di sfiorarle la pelle della guancia sinistra. Lento, mostrando una delicatezza che sembrava quasi non fare parte di lui, talmente era strana ed inusuale da vedere. La carezza scivolò via presto, un battito di ciglia che sembrava essere durato un’eternità. Le stesse dita andarono ad aprire il contenitore dell’essenza trovata. « Io e Skrynder allora saremo in disaccordo. » le disse scrollando le spalle. « Ma ciò che voglio io, adesso, vale più di ciò che vuole lui. » dubitava che il capo del circo volesse avere ulteriori problemi. Era meglio accontentare i Vermilion prima che le voci di certe azioni giungessero agli Auror.
    « Devo mettertelo sulle ferite. » le disse « Bastano poche gocce. È un po’ fastidioso ma non farà male. » rassicurò muovendosi nuovamente verso di lei. La guardò negli occhi per qualche istante, chiedendole silenziosamente di fidarsi di lui. Comunicandole con lo sguardo sicuro che non doveva preoccuparsi, sarebbe andato tutto bene. Una volta certo di avere il permesso della circense per procedere, con il contagocce, tentò di far cadere qualche goccia miracolosa sul suo viso, dove i segni della violenza cercavano di deturpare una bellezza che fioriva comunque, incurante delle intemperie a cui veniva sottoposta.
    Gli occhi ghiacciati si assicuravano costantemente che la ragazza stesse bene ed abbozzò un sorriso nel vedere le ferite guarire sotto i suoi occhi, come se non fosse successo nulla. Sorrise soddisfatto.
    « Ti senti meglio? » attento, gli occhi scivolavano su di lei, cercando di capire dove le altre ferite si nascondevano. « Ne hai altre? Fammi vedere, curiamo anche quelle. » squadrava il suo corpo senza malizia, alla ricerca di punti fuori posto, tentando di capire se potesse, ancora, fare qualcosa per lei. Si rese conto dopo che probabilmente una cosa del genere potesse risultare invasiva. Ma non se ne preoccupò troppo, ne se ne vergognò. Non era il tipo che si imbarazzava facilmente, ma procurare quel tipo di sensazioni negli altri gli piaceva eccome. Certo, non era quello il caso, visto come mostrava una sincera preoccupazione per la ragazza. Attimi in cui si distrasse, permettendo ad un paio di occhietti neri di spiarli e valutare la situazione. Nascosta nell’ombra, una piccola ed avida creatura assisteva a quella scena dolce e dal retrogusto proibito, pronta ad approfittare della distrazione dei suoi protagonisti, ancora rapiti l’uno dell’altra.



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    Deglutì nervosamente all'insistenza dell'altro. 'Non lo è, ma non è stato lui.' Kyril non era gentile, ribadì quel concetto senza sentirsene toccata, né lontanamente mortificata. Escluderlo dalla responsabilità degli eventi che l'avevano piegata ed afflitta significava però aprire la porta verso altre ipotesi, verso risposte che non avrebbe potuto dare. Perché non doveva darne. Non a Midnight, né a nessuno. Per quanto sincera avrebbe voluto essere nei suoi riguardi, c'erano tante priorità che surclassavano il resto. Obblighi a cui non sottrarsi mai. Silenzi da tacere inevitabilmente.
    'E' una cosa che non può cambiare, ok? Come... come un genitore che ti punisce.' Dichiarò in quell'ultimo tentativo di allontanare dal ragazzo qualsiasi reattività di cui ancora i suoi occhi accesi ed i nervi tesi erano preda. Ancora una volta però non si rese conto di quanto ampie le sue prospettive riuscissero a diventare. Di come un'indicativa immagine potesse abbracciare rimasugli di un passato che non avrebbe mai dimenticato. 'Nessuno discuterebbe mai le punizioni di un genitore.' Nessuno l'aveva fatto con sua madre, prima che fosse troppo tardi.
    Midnight veniva evidentemente da una realtà diversa. La Goodwin cominciò ad immaginare questo e l'altro concetto, immagazzinandone i dettagli imprecisi che il ragazzo le porgeva. Con interesse, guardava a quella realtà lasciandosi coinvolgere da essa, da quell'insieme di elementi che non le sarebbero mai appartenuti. Metteva piede, lentamente, in un mondo che non conosceva. Vi si muoveva dentro con cautela, rispettando qualcosa che non conosceva abbastanza, ma che regalatole in quelle condizioni suonava gradevole. 'Per cacciare le creature non dovete fargli del male, giusto?' Avanzò, tentennando appena in una blanda considerazione che balzò alla sua mente con ingenuità e purezza. Ogni traccia di lei non faceva che gridare inesorabilmente quelle condizioni. 'Cosa succederà allo snaso quando l'avremo preso?' Sostò ancora per un attimo su quella prospettiva, prima di abbandonarsi alle cure dell'altro, scivolate verso di lei con la stessa delicatezza con cui il complementare scambio di scherzose battute si installò tra loro.
    Avrebbe davvero preferito avere l'anima di uno snaso dentro di sé. Covava invece quanto di più dannoso ed oscuro potesse esistere nell'universo magico e Maesi, in fondo, non ne era neanche del tutto consapevole.
    'Va bene, mi arrendo.' Sorrise verso Midnight, cullata dalla caparbietà con cui insisté persino andando contro la volontà di Skrynder. Lei era certa non sarebbe bastato a fermare quella serie di eventi; posare gli occhi sulla pelle candida e rimarginata della ragazzina l'avrebbe solo spinto a rimediare ulteriormente, caricandole magari il doppio degli incanti dell'episodio precedente. Eppure in quell'istante non gliene importò. Non diede adito a questa o quella conseguenza, persa nella piacevole sensazione che le premure di qualcuno, mai sperimentate prima, le regalavano.
    'Mi fido.' Sussurrò appena imbarazzata, concedendo al ragazzo una visuale maggiore e più limpida sulle ferite incise sulle sue braccia, sul volto, su quel filo di caviglia scoperto dall'ampio vecchio vestito indossato. Ad occhi chiusi, attese che quelle gocce scivolassero sullo zigomo tagliato, sulla guancia tumefatta. Quando il lieve pizzicore del dittamo la sorprese, scattò sul posto, chinando il capo verso il basso. Non era dolore, solo una sensazione nuova che non seppe affrontare. Che la spaventava, ancora racchiusa nell'aura di una bambina che del mondo non aveva imparato nulla. 'No, come non detto, non mi fido più.' Fu con una risata sommessa che gli regalò quella risposta, atta a sottolineare l'ironia di cui diventò facilmente preda. Le veniva semplice in genere, ma con Midnight gli accenni di questa erano molto più accentuati e comuni. Spontanei.
    Posò con timore il polpastrello sul proprio viso, quando la pelle cessò di sfrigolare ed il fumo svanì. Intatta. In un attimo era sparito tutto. Midnight aveva cancellato quell'episodio. Si chiese per un attimo se la cura reale fosse il dittamo. Che sarebbe successo se si fosse convinta che la sua reale cura fosse il ragazzo stesso?
    Non poteva. L'avrebbe messo in pericolo. Ed a quel punto, non si sarebbe mai perdonata un risvolto simile.
    'Grazie.' Sussurrò con altrettanta inibizione, guardandosi attorno prima di prendere posto sull'ennesima traballante pila di tavolini malamente sistemati in un angolo. Era l'altezza migliore perché Midnight si trovasse comodo ad osservare gli arti inferiori quanto i superiori. Maesi si liberò di una lercia giacca bucherellata indossata sul vestito, sì da lasciare scoperte le braccia magre, venate di fame, debolezza ed accenni di muscoli altrettanto minuti e denutriti. Sollevò poi i lembi inferiori dello stesso vestito sino alle ginocchia, lasciando penzolare le ossute gambe scoperte ed il campo di battaglia che vi si era stagliato sopra. Silenziosamente, lo invitò a procedere, rinnovando il voto di fiducia cui aveva accennato poco prima. Ed avrebbe lasciato che quell'attimo rimanesse racchiuso in quell'intimità, nel silente stato delle cose per come erano venute a crearsi, se solo i timori di star immischiando il ragazzo in qualcosa di pericoloso non avessero suonato una campana d'allarme nella sua mente.
    'Perché lo fai?' Intervenne all'improvviso, lo sguardo chino sulle ginocchia arrossate e nodose. 'Sono una misera sguattera, tu sembri un principe o qualcosa del genere.' Commentò senza peli sulla lingua, rimuovendo ogni genere di malizia in quella che era un'idea sincera, semplice, innocente come il resto delle sue azioni. 'Non mi conosci neanche...'


     
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    Poteva nell’effettivo sforzarsi di credere che l’uomo non l’avesse toccata, però era abbastanza certo che centrasse qualcosa con ciò che era successo al circo, altrimenti perché Maesi si sarebbe dovuta mettere a testare la magia in luogo del genere, durante uno show? L’aveva vista. Delle spiegazioni gliele doveva eccome. Le piantò gli occhi addosso, scrutandola con attenzione, chiedendosi in che misura potesse concedersi di crederle.
    Furono le parole successive di lei a farlo riflettere ulteriormente. Certi concetti per lui erano così astratti che gli veniva difficile comprenderli, perché lui non aveva mai abbassato la testa davanti a suo padre. Anzi, se solo avesse visto il modo in cui lo trattava, avrebbe certamente concluso che quel tipo di regole per lui non esistevano. Comprendeva, però, che Maesi non era lui e non era dotata del suo stesso caratteraccio. La fronte quindi si aggrottò. Se presupponeva che Maesi seguiva la gerarchia, da brava bambina, allora Kyril non poteva di certo essere un genitore e, da quanto appariva ai suoi occhi, nemmeno un fratello maggiore. Un legame del genere avrebbe dovuto portare l’uomo dai capelli blu a proteggere la “sorella minore”, ma questo non sembrava essere successo. Quindi… Poteva vederlo come una sorta di cugino, che appariva quando gli serviva qualcosa. Parte della stessa cerchia, certo, ma con un legame più blando. Escluso il circense, era difficile per lui delineare bene le figure che facevano parte di quel tendone. Poteva Maesi vedere la signora Marygold come una madre? No. In quel caso, la piccola circense non avrebbe cercato di scappare da quella befana. Quindi, chi rimaneva? Lui non conosceva chi lavorava con lei.
    « No, non in questo caso. » le disse, rompendo improvvisamente il silenzio riflessivo in cui si era rinchiuso. « Lo rimetto nella gabbietta e lo restituisco al proprietario. Credo sia del tuo capo. » aggiunse con calma, bloccandosi subito dopo. Abbassò la testa verso di lei e la studiò. Capo. Il capo dell’Arcanus dava loro un lavoro, un posto in cui vivere e, quando era arrivato, aveva visto alcuni circensi correre qua e là per soddisfare ogni suo capriccio. Quindi, il genitore, poteva essere Skrynder.
    Si passò una mano tra i capelli scuri, ravvivandoli e guardò, brevemente, altrove. « Perché hai usato la bacchetta? » domandò di punto in bianco, abbassando lo sguardo verso di lei. Non sembrava propenso a mollare, per quanto comunque il benessere dell’altra avesse comunque la precedenza. Abbozzò di fatti un vago sorrisetto nel momento in cui lei si arrese alle sue insistenze e tirò fuori da una delle tasche la famosa boccetta di dittamo. Le rivolse uno sguardo più furbo e si avvicinò a lei, osservandole il viso, stando attento ad essere delicato anche nel porre le gocce di quella pozione su di lei. Corrugò leggermente le sopracciglia nel vederla abbassare la testa, l’ascoltò ancora e mosse la mano, tentando di carezzarle appena la testa e scompigliarle i capelli scuri.
    « Passerà in fretta. » promise con un sorriso bonario e, come non detto, il fumo svanì in men che non si dica e la sua pelle tornò intatta, come se non fosse successo nulla. Osservò la ragazza toccarsi il viso ed allungò una mano in sua direzione, nel tentativo di accarezzarle la guancia con le nocche della stessa mano.
    « Sei bellissima. » le disse soddisfatto di ciò che era guarito davanti ai suoi occhi. Il viso della circense era tornato privo di imperfezioni, la pelle sembrava più luminosa ora che era guarita ed il dolore era sparito, almeno in parte. Mancavano ancora le altre ferite.
    Le dita scivolarono via dal suo viso e lo sguardo a sua volta andò ad esplorare il suo corpo, sulle zone di pelle esibita per tentare di captare dove ella potesse sentire ancora dolore. L’osservò liberarsi di una giacca per esibire le braccia deboli e fragili e dunque la seguì fino alla fila di tavoli su cui la moretta andò a sedersi. Si mise davanti a lei mentre si sollevava il vestito e un breve momento sentì una sensazione di calore invaderlo. Durò poco però, visto come la circense era ridotta. Silenzioso iniziò ad applicare il dittamo anche sulle sue gambe, incurvandosi appena ed inginocchiandosi per capire se avesse tralasciato qualche punto. La sua voce melodiosa gli giunse nuovamente alle orecchie e lui sollevò lo sguardo verso di lei, appena confuso da quella domanda. Un’espressione che divenne ben presto perplessa, quando lei gli diede del principe.
    Si bloccò per qualche secondo e scosse la testa, chiedendosi cosa davvero l’avesse portata a pensare ad una cosa del genere. Lui, un principe? Nemmeno lontanamente.
    « Perché mi dà fastidio. » rispose alla prima domanda, scrollando appena le ampie spalle. « Non sono un principe o qualcosa del genere, se fossimo in una favola, probabilmente sarei un drago o qualcosa cosí. » aggiunse abbozzando un ghignetto divertito. No, sicuramente non era un principe, se solo avesse saputo quante volte aveva bullizzato qualche suo compagno di classe, l’idea che aveva di lui sarebbe cambiata drasticamente. « So che ti chiami Maesi, che ti piacciono i dolci e le cose che luccicano… » iniziò a dire, riflettendo su cosa sapesse di lei. « …So che lavori qui, che ti piace volare con me e che la Befana vuole impedirti di andare troppo in giro. » aggiunse, corrugando le sopracciglia. « …So anche che hai gusti discutibili in fatto di ragazzi. Cioè, Adolph, sul serio? » commentò scherzoso sul fatto che l’avesse trovata parlare con il concasato. « Non ti conosco bene ma penso di aver capito più cose di quello che pensi. » ghignò appena, finendo di metterle il dittamo sulle gambe e si alzò, andando ad appoggiare le mani ai rispettivi lati del suo corpo, tenendola cosí seduta sui tavoli. « Non ignorerei una ragazza ridotta male quando ho una pozione in tasca che può aiutarla. » le soffiò avvicinandosi un po’ al suo viso. Lo sguardo intenso la scrutava attento, cercando di captare tutte le sue reazioni. Studiava i morbidi tratti del suo viso, la piega dolce delle sue labbra, il modo in cui le sue guance potevano arrossarsi per colpa sua ed allo stesso modo osservava i suoi grandi occhi chiari, perennemente espressivi, che gli rivolgevano sguardi che a volte lui non sapeva interpretare. Rimase cosí qualche secondo, poi il rumore di un secchio vuoto che cadeva attirò la sua attenzione. Il capo si voltò di scatto verso la fonte d'esso e gli occhi di ghiaccio scorsero la figura di una piccola creatura che, dopo aver preso uno dei suoi galeoni, tentava di tornare a nascondersi tra i rossi tendoni.





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    Edited by -Midnight; - 21/8/2022, 18:59
     
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    Avrebbe voluto sbottonarsi di più, lasciare che Midnight carezzasse le sue confessioni con la stessa calma con cui sfiorava la sua pelle. Avrebbe voluto essere capace di lasciarsi andare a qualcun altro, di chiudere gli occhi per un attimo e non pensare al passato, né al domani. Riscrivere se stessa, scoprendosi poco a poco, mirandosi negli occhi lucidi di chi aveva intenzione di guardarla davvero e definirsi, plasmarsi, riconoscersi. La bestia, quell'ignota ed oscura creatura che marciva in lei, le imponeva di non farlo. Non poteva trascinare in quel turbinio rischioso un innocente. Non poteva farlo con chi le si dimostrava gentile, cortese per la prima volta in assoluto.
    Per questo continuò a mostrarsi a metà. Mezze rivelazioni, mezzi sorrisi, gli occhi appena curvi in una smorfia pacatamente soddisfatta nell'apprendere quale destino sarebbe spettato al piccolo snaso. 'Magari a lui non interessa così tanto. E se è vero, potrei prenderlo io.' Le sarebbe piaciuto tenersi in compagnia di qualcuno che - sperava - non avrebbe potuto distruggere.
    Forse fu quel pensiero sereno ad indurla a rivolgere al ragazzo parole sincere, appena più eloquenti e comprensibili delle briciole frastagliate concessegli sino a quel momento. Perché aveva usato la bacchetta? La risposta era semplice, ma pronunciarla bruciava ancora. L'avrebbe fatto per diverso tempo. 'Per aiutare un amico.' Confessò, non mancando di esporre il lato egoista di quel gesto. Non si sarebbe di certo immolata per una donna qualsiasi che aveva deliberatamente scelto di fare l'eroina tra le fauci del drago - o qualunque cosa fosse successa in quel trambusto di cui aveva colto pochissimi dettagli. Aveva soddisfatto la richiesta di Kyril, perché sentiva fosse la cosa giusta. Peccato le conseguenze avessero sgualcito le trame della sua pelle. Peccato non avesse ricevuto delle scuse o anche solo la gratitudine che sentiva di meritare.
    'O per meglio dire...' Sopraggiunsero nuovi dettagli, sussurrati al ragazzo dritto contro il suo viso attento. 'Ho salvato quella pazza che stava lì in gabbia col marito, perché me l'ha chiesto un amico.' A quel punto avrebbe potuto far intendere all'altro più di quanto le sue labbra avessero pronunciato. Scosse le spalle, lasciando scivolare questa e l'altra occhiata ai graffi ormai sul punto di svanire. 'Non avrei dovuto farlo. Non si dovrebbe mai interrompere o mandare a monte uno spettacolo del Circus Arcanus.' Non aggiunse altro, pregandolo a quel punto con lo sguardo tremante di non indagare oltre, di concederle una tregua, un momento di distrazione per mettere da parte quella storia. Sembrò quasi darle ascolto, anche solo per un attimo.
    Tra il vago fumo che si sollevava dalla sua pelle ed il placido sfrigolare della stessa, le concesse più di quanto avrebbe mai immaginato. Un ritratto, figlio delle domande che aveva osato porgli. E mai come allora fu felice e grata di aver osato tanto. Si vedeva così come lui la descriveva, in ogni forma e colore che abbracciasse positività, qualcosa di bello da vedere, di bello da vivere. Sentirsi parte di se stessa non le venne mai così naturale. Era triste, un peccato immondo, riuscirci solo attraverso le parole altrui. Ma fu la prima volta che vide una ragazza oltre un impreciso mostro; e Midnight, in fondo, pareva indurla di continuo a sperimentare tante e tante cose nuove.
    Si perse in quel mare di speranza. Si perse nei suoi occhi, vicini quanto l'alito dei suoi sussurri. Ed immaginò la normalità, quella che sapeva di giovinezza, di avventatezza, magari di un bacio. Le sarebbe bastato anche solo fissarlo e lasciare che di rimando lui fissasse lei, con quegli occhi riflettenti un dipinto di sé che gradiva infinitamente. Bruscamente però toccò ad entrambi tornare alla realtà.
    'Oh, accidenti, è lui!' Sussultò, riprendendosi da quello stato di inconsapevole inebriamento. In un attimo quell'atmosfera soffusa si dissolse, lasciando il posto alla scompostezza della ragazzina che saltellava di qua e di là tra i pilastri del tendone. Midnight avrebbe colto altre sfumature di lei. Avrebbe assistito all'assenza di grazia che caratterizzava la piccola Goodwin tra le mura di quel porcile che chiamava casa.
    'Diamine! Va bene, va bene, possiamo prenderlo!' Balzò giù dalla pila di panche, rinvigorita dalle cure per cui silenziosamente fu grata al ragazzo. Scattò senza remore verso la fonte d'avvistamento del piccoletto peloso, invitando l'altro a seguirla con vistosi gesti delle mani, il vestito svolazzante a perdersi in piroette assecondanti quell'impulsività sgraziata. 'Forse devi sacrificare un altro dei tuoi galeoni. Io al massimo ho un fermaglio arrugginito per metà.' Sollevò ancora le spalle, indicando distrattamente la vecchia forcina dispersa tra i fili spettinati dei suoi capelli.
    Non ebbe remore a quel punto, superata la tenda che li separava dal loro piccolo amico, ad arrampicarsi su uno dei pali di sostenimento che reggeva la stessa. Con la maestria di un primate, si appostò lì sopra, pronta a balzare giù per stringere le dita ossute attorno alla buffa figura dello snaso. Avrebbe funzionato? Magari no. Provarci però sarebbe stato divertente. Farlo con Midnight, esilarante.
    'Bene, ecco il piano. Tu lo attiri con qualcosa, ti vai a nascondere, aspettiamo... e quando passa da qui, bam! Lo catturo e gli svuoto le tasche... le pieghe... la ciccia... quello che è, insomma!' Annuì fiera, osservando dall'alto verso il basso un Midnight forse perplesso, forse sorpreso, forse noncurante. Era ancora presto per dirlo.'E' un piano infallibile, no?' Probabilmente no, non lo era per nulla.


     
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    Erano talmente vicini che si fosse sporto un pochino verso di lei, sarebbe riuscito a sfiorarle le labbra carnose ed, apparentemente, soffici e delicate, guarite da quanto era successo quando nessuno guardava. Eppure i discorsi, tra uno sbuffo di fumo ed un altro, stavano proseguendo. Lenti ed inarrestabili. Aveva mostrato un piccolo sorrisetto nel sentire le parole dell’altra e fu in quel momento che la sua passione per le creature magiche venne a galla. « Sono classificati come creature XXX, anche se sono carini non sono semplici. » le spiegò pensieroso, cercando il suo sguardo. « Magari potrei darti qualche dritta… Se il capo non lo vuole. » arrendevole nei suoi confronti per quanto non volesse metterla nei guai. Si avvicinò appena a lei, tanto da sfiorarle la fronte con la sua, sembrava quasi volesse divorare completamente le distanze che intercorrevano tra di loro, ma quando lei parlò, lui si irrigidì e si bloccò. I pezzi del puzzle iniziavano a mettersi insieme, componendo un’immagine di cui, probabilmente, mancava ancora qualche tassello. Si stava, tuttavia, facendo più nitida.
    I tratti del viso si indurirono. Non gli aveva rivelato il nome ma era ovvio chi fosse l’amico di Maesi. Il fatto che l’avesse strattonata e l’avesse infilato dei galeoni nella tasca, non era per un ottenere un servizio a luci rosse, no, era per combinare qualcosa di peggio. Storse le labbra quando lei proseguì, parlando della guaritrice e del commerciante. Non aveva idea di che tipo fosse quest’ultimo, ma la Hais non era una figura nuova, dopotutto era lei che gestiva l’infermeria ad Hogwarts. A sbigottirlo però fu ciò che aggiunse, c’era qualcosa di estremamente inumano in quelle parole, tanto da renderlo inquieto. La tenne seduta su quei tavoli, bloccata con lui davanti che cercava di mettere insieme una linea di pensieri apparentemente insensati. Pensava e ripensava a quelle parole, scomponendole e rimettendole insieme, analizzando i termini e gli appellativi, cercando di scoprire le verità che si celavano dietro esse. « Ma se ci teneva doveva mettersi in mezzo lui, non tu. » le disse, scuotendo la testa. Perché Maesi? « Non l’hai salvata. » scosse la testa « No, non avresti dovuto. Non si tratta dello spettacolo, ma delle persone che sono rimaste coinvolte. » strinse i pugni « Ho perso di vista Adolph per correre ad aiutare te. Se gli fosse successo qualcosa… Non te lo avrei perdonato. » tuonò, gelido. Era arrabbiato, si, ma la sua era, stranamente, una rabbia composta e fredda. Qualcosa che, di certo, era meglio non vedere. Non avrebbe comunque alzato un dito su Maesi, non importava quanto potesse arrabbiarsi. Non se la sarebbe mai presa con lei o con una ragazza in generale. Si limitó a stringere le dita attorno al tavolo, cercando di scaricare la tensione, sebbene sotto i vestiti, i suoi muscoli stessero diventando più definiti. Una reazione involontaria che rischiava di arrivare a mutare il suo sguardo, se non si fosse dato una calmata. La guardò dritto negli occhi, la rabbia si mescolava al calore che aveva sentito fin dalla prima volta con lei, ancora presente nonostante l’incazzatura. Ne osservò lo sguardo tremante che gli chiedeva di non insistere, di lasciar perdere, sbuffò. Cosa avrebbe dovuto dire agli Auror se lo avesse interrogato? Scosse la testa e si allontanò del tutto da lei, attirato dalla presenza dello snaso. Sentì la ragazza sobbalzare e scendere giù dai tavoli. Lui silenzioso la seguì con lo sguardo, assicurandosi che non si facesse male in quell’impeto. La mano scivolò nella tasca, alla ricerca di un altro galeone da sacrificare. « Non è un problema. » rispose a riguardo, estraendo poco dopo la moneta da sotto i vestiti. Gliela mostrò e poi la osservò balzare goffamente su uno dei pali. « Speravo in una perfomance… » borbottò, cercando di stemperare la tensione che ancora sentiva. Si mosse e mise il galeone a terra, sulla traiettoria dove c’era Maesi. « Se cadi, ti prendo. » disse con sicurezza, mostrandole la bacchetta, chiedendole silenziosamente di fidarsi di lui qualora avesse dovuto puntarle contro la bacchetta per fermare una caduta. Non sapeva se poteva fidarsi molto, vista la discussione di poco prima, ma non avrebbe lasciato comunque che si facesse male. Silenzioso quindi andò a nascondersi dietro delle attrezzature di cui ignorava l’utilizzo pratico. Lo sguardo di ghiaccio che scivola da Maesi al Galeone, assicurandosi dei movimenti altrui e di ciò che poteva accadere di li a poco. Non ci volle troppo tempo, prima che la creatura, molto simile ad un paperotto, si mostrasse. Lo snaso si mosse rapido verso il galeone, agguantandone con le sue manine palmate. Lo strinse a sé, Midnight fu sicuro di aver sentito un sospiro estasiato dalla nuova conquista, e poi la creaturina tentò di nascondere il bottino.








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    Le pieghe prese da quella conversazione rivoltarono la Goodwin come un ciottolo di mare trascinato via dalla corrente. Quel sali e scendi emotivo toccò vette tanto alte quanto gli opposti picchi cui sprofondarono per l'evidenza insita nelle sue parole. Finché l'attenzione fu riposta nello snaso e nella speranza - a quel punto probabilmente vana - di potersene prendere cura in prima persona, quella bolla atmosferica le infuse quiete e comprensione, tutto ciò di cui aveva bisogno. Quella meraviglia trovò ben presto però il modo di dissolversi nel nulla.
    Quando fu la realtà di quella serata maledetta a farsi largo tra i loro impicci, ogni dettaglio parve trasformarsi con impulsività spaventosa. I tratti di Midnight si indurirono, lo fecero le sue parole, le risposte che il ragazzo rivolse senza remora all'altra, spiazzata dinanzi alla consapevolezza di essere ancora una volta il filo conduttore di una tragedia dipesa da lei. Si sentì sotto giudizio, perdendo in un attimo l'ottimismo che aveva timidamente porto al ragazzo. Si sentì il fulcro di una devastazione che non trovava appiglio che nel suo gesto. Maesi si rese conto che non era unicamente legato alla figura di Adolph quello sdegno. C'era molto di più.
    Vite innocenti erano state stroncate. Benché non fosse una pratica inusuale alle abitudini del Circus Arcanus, non era mai dipeso da lei. In quella carneficina, non c'era nulla di riconducibile a Skrynder, tantomeno a Kyril. Aveva azzardato mosse inaspettate. Era stata preda di un'incoscienza disperata e le conseguenze pagate sulla propria pelle parevano essere solo il calcio d'inizio di una responsabilità maggiore. I rimproveri di Skrynder non le avevano fatto male quanto le parole di Midnight.
    Fu difficile a quel punto proferire parola o anche solo incrociare ancora il suo sguardo. Vi avrebbe trovato lo specchio di un mostro riflesso. D'un tratto, persino quella superficie sembrava bruciare quanto i consueti vetri sporchi e malamente incorniciati che evitava ogni giorno come la peste.
    Brancolò impacciata su quell'improvvisato avamposto. Sperò fino all'ultimo secondo di non cadere, perché le braccia di Midnight avrebbero bruciato ogni centimetro della sua pelle rimarginata, incendiato ogni anfratto della sua anima. La distrazione di quegli attimi non l'avrebbe aiutata, eppure la trappola messa a puntino dall'altro si rivelò talmente efficace che sbagliare quel tiro sarebbe stato impossibile, se non provandoci volutamente. Fu un pensiero che attraversò la mente della Goodwin solo per un secondo, quello di ritirarsi e porre bruscamente fine a quell'incontro, come a quelle ricerche. Pensò tuttavia che glielo dovesse, anche solo per aver accettato di venirle incontro nonostante l'astio appena accennato.
    Non perse tempo a quel punto, osservato l'esserino dirigersi sin dentro la trappola a lui destinata, a venir giù dalla trave. Le mani ossute agguantarono il manto morbido del piccolo snaso, spaventato ed estremamente agitato per quell'inaspettato risvolto. Provò vagamente a calmarlo, a rivolgergli carezze e tocchi il più possibile pregni di delicatezza... e sembrò funzionare. Ci volle qualche attimo, ma quando la bestiola riconobbe finalmente l'assenza di pericolo, Maesi non indugiò ulteriormente. I suoi occhi non furono più in grado di sostenere lo sguardo del ragazzo, ma la voce tremante si fece avanti, richiamando a sua volta l'evento passato che le aveva fratturato la coscienza.
    'Non ti ho chiesto io di venirmi a cercare.' Suggerì con decisione, picchiettando delicatamente con le dita sulla testolina dello snaso. Un diversivo per sfogare l'angoscia crescente prima che si trasformasse in un ennesimo disastro. 'Non credevo nemmeno avrebbe funzionato, ok? Io non ho neanche i poteri.' Una nuova rivelazione, che avrebbe tenuto per sé se solo l'esasperazione non avesse guidato i suoi intenti.
    Si ritrovò col cuore diviso a metà, ammaccato dalla consapevolezza di essersi pericolosamente esposta, forse con la persona sbagliata. A quel punto, non era più in grado di definire la situazione, di definirsi. Si perse nei ghirigori di un marcato punto interrogativo, sospirando la propria delusione, prima di cercare una scappatoia che le impedisse di crollare.
    'Senti lascia perdere, io...' Le parole le morirono in gola. A quel punto non sarebbe servito giustificarsi, trovare altre strade, difendersi o anche solo attaccare lui per indurlo ad andarsene. Con gli occhi inumiditi di una sofferenza, di una paura, che si premurò di non mostrargli, si tenne a distanza, allungando solo le mani verso Midnight per offrirgli la bestiola che reggevano. 'Forse non sono la persona adatta ad occuparsi di lui.' Attese che lo prendesse, risucchiando in sospiri profondi ed affranti la delusione provata. Ma era forse più delusa dal ragazzo o da se stessa? 'Dallo a Skrynder o a qualcuno di più responsabile, io non lo voglio.' Annunciò ancora, rimuginando sulle conseguenze di quegli eventi, sulle possibilità moleste che si inculcarono nella fragilità della sua mente.
    Era venuto fin lì solo per recuperare lo snaso ed ottenere una confessione su quel disastro? Come aveva potuto, Maesi, lasciarsi illudere in così breve tempo? L'ingenuità aveva disegnato tratti nuovi di una morbidezza che, a quel punto, sapeva non le sarebbe mai appartenuta. Perché la ragazzina rimaneva un danno collaterale, che si trattasse di proteggersi o di soccorrere qualcun altro. Midnight, con le sue parole, ebbe il potere di riportarla simultaneamente a quel dipinto di caotica devastazione. A quell'imprescindibile realtà di cui non si sarebbe mai potuta liberare. Al male che scorreva nelle sue vene e che mai le avrebbe permesso di rivelarsi utile a chiunque ci avesse a che fare.


     
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    C’era stato un flip talmente velocemente ed inatteso che nemmeno Midnight si era reso davvero conto di cosa stesse accadendo, di cosa stesse dicendo e di come, stupidamente, stesse pronunciando quelle parole. Fu più forte di lui. Il non riuscire a trattenere le emozioni, l’urgenza di lasciarle uscire prima che l’accumularsi di esse potesse scatenare una mutazione involontaria.
    Avrebbe dovuto cercare di controllarsi. Non ci era riuscito e se ne pentì nel momento in cui i suoi occhi si posarono sulla fragile anima di Maesi, frustata dalla sua voce che prepotente si imponeva sugli eventi. Indifesa, lei, rimaneva a subire come probabilmente aveva fatto per tutti quegli anni tra i tendoni del circo, forse anche prima.
    Si sentì un’idiota.
    Ma non ci fu il tempo per altro. Si divisero per proseguire con il loro piano di cattura, prima che la creatura magica decidesse di sparire e lasciarli a mani vuote. Forse, anche Maesi avrebbe potuto decidere di lasciar perdere ed abbandonarlo li. Probabilmente se lo sarebbe meritato. Eppure il pensiero che lei potesse lasciarlo davvero non sfiorò nemmeno l’anticamera del suo cervello. Ripose in lei totale fiducia. Quindi, una volta nascosto e con la bacchetta alla mano, rimase ad osservarla con attenzione mentre brancolava sul palo, in attesa che lo snaso si facesse vivo. Era pronto ad intervenire qualora le cose non andassero come avrebbero dovuto. Era pronto a fermare una caduta rovinosa per impedire che si facesse male. Non ce ne fu bisogno. Il piano andò bene. La circense riuscì a catturare la creaturina prima che scappasse con il suo galeone. Fu allora che uscì a sua volta allo scoperto e la raggiunse. Lo snaso si agitò, ma la giovane fu abile nel riuscire a calmarlo con carezze e tocchi affettuosi. Abbozzò un vago sorriso soddisfatto nel vederli e si avvicinò maggiormente, tanto da fermarsi a poco da lei.
    Fu costretto a bloccarsi nel momento in cui la vide evitare il suo sguardo, picchiettare seppur delicatamente le dita sulla testolina della creatura. La sua voce tremante fece sussultare il suo cuore e poi lo strinse in una morsa dolorosa. Cosa era quella sensazione? E perché nuoceva così tanto ai suoi sensi ed al suo spirito? Non gli era mai importato molto degli altri, quindi perché con Maesi doveva essere diverso? Era perché era rimasto colpito da lei la prima volta in cui si erano incontrati? Bastavano, quei momenti, a giustificare il cuore in subbuglio?
    « Tu non hai bisogno di chiedere. » fermò quel suo pensiero prima che ella potesse formularne uno peggiore. « Sarei venuto da te anche se non mi avessi voluto li. » aggiunse con chiarezza, osservando lo snaso che ancora era tra le sue mani. Quieto, seppur appena confuso da quanto stava accadendo tra loro. Non ci badò troppo. Furono più che altro le parole successive a farlo sussultare ed a fargli sgranare gli occhi.
    Non sapeva usare la magia.
    Non aveva i poteri..?
    Quindi perché la bacchetta aveva reagito al suo tocco?
    La mascella ebbe uno scatto duro e l’espressione si fece seria, pensierosa. La bacchetta… Se non ricordava male, nel caos, l’aveva presa e lanciata via. Forse era ancora da qualche parte in quel tendone?
    « Deve esserci qualcosa di magico in te… » iniziò a dire, scuotendo la testa. « …Qualcosa che ti ha spinto a provare ad usare una bacchetta. » corrugò le sopracciglia. Poteva davvero essere solo una coincidenza che avesse scelto di usare qualcosa che probabilmente non avrebbe nemmeno dovuto funzionare? « Sono stato uno stronzo, ma quello che ho detto… È vero. » disse storcendo le labbra. « Ma se anche quella che dici tu è la verità, non è proprio colpa tua. » si mosse verso di lei, cercando di afferrarla delicatamente per un braccio. Non era sicuro che gli avrebbe permesso di toccarla, ma cercò comunque di trattenerla. « Sono arrabbiato perché sono preoccupato… Gli Auror ti staranno cercando. » soffiò, corrugando le sopracciglia. « Le bacchette… Dovrebbero essere registrate e si può risalire agli ultimi incanti lanciati. » si passò la mano libera tra i capelli corvini. « Potrebbero vedere che c’è stato uno scoppio di magia e classificare il tutto come uno sfortunato incidente. » sollevò le spalle « Non devi dire che sei stata tu, fa solo trovare loro la bacchetta. » gli offrì quella soluzione, rischiosa, ma poteva essere accettabile. Dopotutto, se davvero Maesi non sapeva usare la magia, in una situazione normale, dove non riceva pressioni per scambi di favori vari, anche toccando o agitando un catalizzatore era improbabile che riuscisse a castare nuovamente degli incanti.
    « Manterrò il segreto. » affermò con una certa sicurezza, allungando la mano libera per prendere lo snaso per una zampa. Osservò Maesi. I suoi occhi lucidi furono un ulteriore stilettata diretta al suo animo. Esibì una smorfietta ed iniziò a muovere il braccio con cui teneva lo snaso, su e giù, agitando la povera bestiolina che, a testa in giù, si ritrovò a perdere tutti i suoi tesori. Letteralmente. Dalla sua ciccia, iniziarono a cadere gioielli, monete, orologi e un sacco di altre cose luccicanti, più o meno preziose.
    « Lo terrai tu. » sbottò poi, una volta finito di scuotere la creaturina, allungando la mano con cui la teneva verso la giovane circense. « Non credo che a Skrynder interessi davvero e, comunque, ti terrà compagnia. » sollevò le spalle. « Devi starci attenta. » proseguì « Questo vuol dire che non puoi fidarti di tutti solo perché lavorano con te e sono sulla tua stessa barca. » Attese che la ragazza riprendesse la creatura e poi lasciò andare anche lei.
    « Tornerò per vedere come state. » l’avvisò seriamente, inarcando le sopracciglia scure. Ovviamente sarebbe tornato anche per vedere lei. « E lo so che non sono affari miei, ma il tipo che ti ha fatto fare quelle cose… Non mi piace. Per niente. » soffiò con una nota di rabbia a vibrare nel tono di voce. L’aveva messa nei guai e poi se ne era lavato le mani. Che cazzo di stronzo. « Se ti chiederà ancora dei “favori”, lo riempirò di botte. » i pugni si strinsero fino a far sbiancare le nocche. Come si faceva ad approfittare di una ragazza cosí giovane e che non aveva nemmeno fatto nulla per meritare la sofferenza che invece aveva subito e che, ancora, era costretta a provare? Il solo pensiero fu sufficiente a incendiare le iridi del suo sguardo, facendo scomparire il colore del ghiaccio per lasciar spazio a quello del fuoco.







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    Faticava ancora ad avanzare in quella bislacca conversazione. Avevano sfiorato vertici opposti, i più disparati tra le sensazioni ed azioni compiute da entrambi. C'era stata una nuvola di empatia e comprensione ad avvolgerli, prima che un vento di realtà e confessioni spazzasse via quell'idillio per lasciar spazio alla preoccupazione, alla delusione, rispettivamente provati dal ragazzo e dalla confusa ed ingenua Maesi.
    Era quel genere di sconcerto figlio dell'incapacità di socializzare con gli altri. D'altro canto, perché Midnight avrebbe dovuto agitarsi al pensiero le succedesse qualcosa? Perché a chicchessia nel mondo sarebbe dovuto importare di lei, del suo benessere, della sua incolumità fisica e morale? Se il sangue del suo sangue aveva puntualmente fallito in quel compito, affidarsi ad uno sconosciuto non poteva definirsi la vivida chiave proiettatasi nella mente della ragazzina. Non una soluzione ovvia, neanche, in definitiva, un qualunque tipo di soluzione vagamente contemplabile.
    Il silenzio s'impossessò di gran parte delle sue reazioni. Ogni parola suggerita dal ragazzo le risultò superflua, poco credibile. E si rendeva conto di essere lei il problema. Lo era sempre stata. Avvolta dalla diffidenza, impaurita dai cambiamenti di un mondo che l'ha sempre lasciata indietro. Temeva quotidianamente la solitudine, sebbene non facesse altro che sforzarsi per ricercarla, per imparare a starci bene.
    Nessun legame, perché agguantarne uno ti lascia vuoto quando esso scivola via.
    Non sarebbe stato diverso per Midnight, di cui cominciava a dubitare sull'interesse avanzato nei suoi confronti. Sarebbe venuto anche se lei non l'avesse voluta. Perché? L'incapacità di trovare risposta in se stessa, dispersa in lande d'insicurezza ed autostima inesistente, le stringeva lo stomaco in una morsa dolorosa. Si perse in quelle promesse volatili, nel polverone emotivo che le avrebbe solo fatto bruciare gli occhi e tolto il respiro. E non gli regalò altre risposte circa la sua natura strettamente legata al mondo magico, più di quanto la copertina impressa sulle sue azioni dimostrasse, né spiegò cosa la legasse a Skrynder così tanto da temerlo e sottostare ai suoi voleri, persino i più violenti.
    'Ma è stato un incidente.' Ribadì appena più decisa, non per giustificarsi ma per convincerlo del proprio pentimento, dell'ingenuità da cui si era lasciata vincere, senza alcun intento malvagio. Sembrava quasi un incubo che risaliva a galla. E ci tenne a precisare, occhi fissi nei suoi, che ciò che era scaturito dall'iniziale volontà impressa nelle sue dita, si era trasformato in esiti inimmaginabili. Era qualcosa che non avrebbe compiuto, neanche per salvare il più caro degli amici. Figurarsi una stregaccia qualsiasi.
    Scoccò in risposta alle sue preoccupazioni un'occhiata sincera, lucida ed incrinata nel carico di dolore che la sua voce trasportava con estrema limpidezza. 'Io non... non mi fido di nessuno.' Non di Kyril. Non di Skrynder. Soprattutto non di se stessa. E Midnight rimaneva un'incognita, una bugia che si raccontava ogni giorno vestendolo di un'indifferenza che l'animo contraddiceva ferocemente. Il volto dell'altra lasciava trasparire appena quella frattura tra ragione ed affetto. Testa e cuore combattevano iracondi nel centro del suo petto. Un cliché sin troppo comune al genere umano, come unico ponte che la facesse sentire realmente tale.
    Sospirò di nuovo con flebile decisione nel sentirlo parlare ancora di Kyril, mentre riprendeva tra le mani la bestiola obbligatoriamente portale dal ragazzo. 'Non ce ne sarà bisogno. Sarò io a farci i conti quando avrà il coraggio di farsi rivedere.' L'avrebbe fatto. Ma sarebbe stata lei a cercare in primis un confronto? Probabilmente no. La paura di degenerare di nuovo nell'incontrollato mostro che prende vita dalla sua sofferenza le lacera sicurezza ed umanità. Avrebbe odiato esserne di nuovo preda, sebbene presto o tardi sarebbe successo di nuovo.
    Si fece quindi indietro, chiudendosi nelle spalle strette e nell'arco curvo dell'espressione rabbuiatasi. 'Credo di avere bisogno di riposare adesso.' Confessò stanca, immobile, attendendo fosse lui ad andarsene, perché lei non l'avrebbe fatto. Non ci sarebbe riuscita.
    'Mi dispiace.' Fu l'ultimo sussurro che accompagnò i suoi occhi lucidi. Dispiacere per l'accaduto, per le risposte incerte, per la mancanza di fiducia. Dispiacere per ciò che era davvero e che mai avrebbe voluto Midnight comprendesse.


     
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    Aveva parlato, parlato e parlato, Midnight, come se quel fiume di lettere e suoni che si univano potessero in qualche modo porre rimedio ad una situazione scomoda, una circostanza che mai avrebbe voluto si verificasse, non a quelle condizioni quantomeno.
    Alla fine, non gli poteva fregare di meno di qualche morto o qualche ferito, finché non fosse qualcuno di cui gli importasse almeno un po’. Quello scoppio di magia e tutta la situazione che si era creata, tuttavia, avevano fatto nascere tutta una serie di sensazioni che mai avrebbe pensato di poter provare per qualcuna. Trascendevano persino anche l’affetto che poteva provare per Adolph. Il punto era, molto più semplicemente, che Maesi aveva rischiato di auto-uccidersi e per quanto potesse essere brutta la sua vita, dubitava davvero che la schifasse a tal punto da cercare di suicidarsi in quel modo.
    C’erano tuttavia ancora dei punti che non gli risultavano chiari, come la naturalezza che l’aveva spinta a prendere la bacchetta per tentare di castare un incantesimo ed il modo in cui il catalizzatore avesse reagito al suo desiderio, esprimendolo male. L’ascoltò quando lei ribadì, con più decisione, che fosse stato un incidente e lui la guardò dritta negli occhi per qualche istante, ritrovandosi ad annuire. Si arrese dinnanzi all’innocenza dei suoi occhi e vi si perse dentro, trovandovi un mare di sofferenza che avvertì persino nel suo tono di voce.
    Avrebbe voluto darle il suo appoggio, dirle che capiva come ci si sentiva, che ci era passato anche lui. Ma come poteva? Come poteva quando la realtà che si parava davanti agli occhi di Maesi sembra cosí diversa? Sarebbe passato per un ipocrita e Maesi non ne aveva bisogno.
    Per la prima volta nella sua vita preferì il silenzio e lo mantenne anche quando lei gli rispose che non avrebbe avuto bisogno di lui per occuparsi di quel puffo. Annuì solamente, scoccandole un’occhiata appena più preoccupata, ma decise di non insistere, soprattutto quando la vide stringersi nelle spalle, iniziando a prendere le distanze. Ne ascoltò quella confessione, annuendo per l’ennesima volta nel giro di poco.
    « Va bene… » Sussurrò, passandosi per un breve momento la mano tra i capelli. « Buon riposo, Maesi. » Mosse un primo passo indietro e poi un secondo, voltandosi per iniziare a dirigersi altrove. Si bloccò solo quando sentì quel lieve mi dispiace. A quel punto mandò semplicemente al diavolo tutto e tornò indietro, talmente rapido che sperò che la circense non avesse il tempo di realizzare cosa stesse per accadere. Cercò di prenderle il volto tra le mani e si chinò verso di lei, poggiando le labbra contro le sue. Fu un bacio istintivo ma dolce, privo di malizia ma pieno d’affetto, desiderato da tanto e finalmente arrivato. Ne assaporò le labbra per qualche secondo e poi si staccò, cercando i suoi occhi, realizzando solo in quel momento cosa avesse combinato.
    « …Devo andare. » La voce si ridusse ad un sussurro e svelto la liberò dalla sua presa, allontanandosi veloce quanto il vento, senza nemmeno rendersi conto che i suoi occhi avevano iniziato ad assumere tonalità diverse. Abbandonò il Circus Arcanus senza guardare indietro, nervoso all’idea di poter leggere il rifiuto sul viso della circense.





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