how to save a life

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    Il viaggio in Europa si era protratto più del previsto. Dopo la loro tappa tedesca, il loro percorso li aveva spinti verso la capitale inglese, luogo non più sicuro ma decisamente più confortevole. Tornare oltreoceano si annoverava comunque come una priorità, ma avevano altri piani. La verità era che dopo ciò che era successo in Germania, dopo la giustificata sfuriata che l’orientale aveva avuto nei suoi riguardi, Bart aveva provato a modificare alcuni suoi atteggiamenti nei riguardi dell’altra. Aveva innanzitutto provato a smussare la sua rigidità e soprattutto a darle lo spazio che meritava nonostante il suo impiego gli richiedesse proprio l’opposto. Era quello il motivo per cui aveva scelto due abitazioni differenti per il capoluogo inglese ed era quello il motivo per cui l’aveva obbligato alla sua presenza solo per poche ore al giorno, atte a constatare se ci fossero stati aggiornamenti riguardo ciò che avevano prelevato in Germania.
    Si era sentito colpevole dopo le sue parole, ingiusto. Non era solito provare remore, aveva scelto volontariamente di intraprendere quel lavoro per raggiungere i propri obiettivi, ma dinanzi alla sofferenza della donna, si era sentito in difetto. Aveva rivisto le sue sorelle in quelle parole. Aveva pensato a cosa avrebbero detto di lui vedendolo comportarsi a quel modo, e tutto quello lo aveva turbato. Si era quindi avvolto nel silenzio, concedendole lo spazio di cui necessitava, quel poco di libertà insomma che i suoi aguzzini, e lui, potevano ancora concederle.
    Era ormai un giorno intero che non passava nel suo appartamento. Dal proprio di fianco in effetti, era perfettamente in grado di capire se fosse in casa o meno. Avrebbe volentieri lasciato ad entrambi lo spazio necessario per evitare quel confronto che creava scintille, se non avesse avuto un’urgenza.
    La pausa che si era concessa qualche ora prima nel pub di sotto, lo aveva condotto ad una scoperta che lo aveva turbato e che lo aveva spinto a reagire in modo repentino. Quando infatti aveva captato un uomo parlare di una lotta tra cani nel vicolo poco distante, non aveva potuto fingere indifferenza. Aveva raggiunto il luogo dell’incontro e aveva reagito nell’unico modo possibile: punito i delinquenti e liberati i cani. Il cucciolo di pitbull che aveva tra le braccia però, aveva guaito gettandosi a terra per le ferite che gli dilaniavano la pelle.
    Lasciarlo lì al freddo delle strade londinesi era qualcosa che non poteva concedersi, così lo aveva preso tra le braccia, coperto col suo cappotto e condotto fino all’appartamento della donna conscio fosse l’unica al momento a potersi prendere cura di un altro essere vivente conciato così male.
    “Sono io.” Aveva esordito dopo aver bussato senza aspettare l’altra venisse ad aprire. Rassicurarla sulla sua identità era l’accordo che avevano raggiunto per vivere quella fittizia libertà: avrebbe aperto soltanto a lui e a nessun altro. “Non sono venuto a controllarti.” Aggiunse poco dopo, accompagnato dal guaito sofferente del cucciolo nelle sue braccia. “Ho bisogno delle tue abilità.” Quando la porta si aprì, spinse in avanti le braccia, mostrandole ciò che reggevano. Il suo sguardo, puntato sul cane, mostrava una premura tutta nuova. Forse in quel momento, sarebbe potuto sembrare persino umano. “Puoi salvarlo?”



     
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    Per l'ennesima volta, Mèi fece scivolare la misteriosa sfera rossa tra le dita diafane, osservandola con disappunto. Erano giorni che cercava di carpirne i segreti, ma la chiave per l'accesso al messaggio che il piccolo oggetto doveva custodire restava un mistero. In un primo momento, appena giunta a Londra, Mèi si era concessa di riprendere fiato. Aveva bisogno di recuperare le energie dopo la turbolenta esperienza a Berlino, qualcosa che non rientrava di certo nel suo quotidiano e che le aveva ricordato i momenti di terrore vissuti esattamente un anno prima, quando Blake l'aveva catturata e le aveva imposto il peggiore dei ricatti.
    Solo l'angoscia provata nel corso di quella serata a Schloss Sanssouci le permetteva di indulgere in un po' di clemenza verso sé stessa e la totale perdita di controllo a cui si era arresa una volta sventato il pericolo. Non si riferiva esclusivamente all'attacco di panico, evento che ormai sapeva essere fuori dal suo controllo, almeno finché non avrebbe iniziato a lavorarci su. Ciò che più la infastidiva era l'aver rivelato l'emozione verso cui da sempre nutriva maggior riserbo: la rabbia. Quella rabbia la cui esposizione rendeva gli esseri umani deboli, vulnerabili, più ancora della paura. Quella rabbia che per una vita Mèi aveva imparato a celare, a dissimulare dietro un sorriso e modi garbati, accomodanti, riuscendo così a manipolare situazioni e conversazioni senza che gli attori coinvolti se ne rendessero conto. La menzogna era ciò su cui fondava il suo modo di relazionarsi con gli uomini, la sincerità e la spontaneità non erano contemplate. Eppure con Argo le era accaduto di mettere da parte ogni filtro, di rinfacciargli la propria frustrazione, il proprio sconcerto, ma soprattutto la propria ira.
    Di tutti coloro che si erano guadagnati il suo astio, quel taciturno e brusco guardiano non era certo l'esempio più emblematico. Con tutti gli uomini che avevano provato a controllarla, prevaricarla, possederla e persino umiliarla, la goffa impazienza dell'americano avrebbe dovuto risultarle assolutamente gestibile. Eppure qualcosa, in quell'occasione, l'aveva fatta scattare. Di certo l'angoscia, la stanchezza di tutti quei mesi trascorsi sotto il controllo e la minaccia costante di Blake. Quando Mèi aprì la porta dell'appartamento che stranamente Argo le aveva concesso - quell'improvviso rispetto dei suoi spazi l'aveva sorpresa, doveva ammetterlo - fu però attraversata dalla bizzarra convinzione che, in qualche modo, anche lo sguardo cupo e penetrante dell'ex soldato avesse giocato un ruolo nel suo cedimento.
    Rimase interdetta per qualche istante, spostando lo sguardo dall'uomo al cane tra le braccia di quest'ultimo. Il guaito della povera bestia la ridestò dallo stupore e la spinse ad arretrare, lasciando libero accesso a quella strana coppia.Vieni. lo precedette in cucina, dove liberò il piano del tavolo con un rapido colpo di bacchetta Mettilo qui. si affrettò a trafficare nella sua scorta di pozioni, recuperandone una che mai avrebbe pensato potesse servirle durante il viaggio a cui Blake l'aveva costretta. Non sapeva neanche per quale motivo l'avesse portata con sé.
    Ehy.. andrà tutto bene. Sei al sicuro adesso.
    Il suo tono suonò dolce e rassicurante alle orecchie del pitbull, eppure pregno di quella fermezza che era la chiave fondamentale per ottenere la fiducia di un cane. Non che quel cucciolone fosse nella posizione di potersi ribellare.. persino respirare sembrava costargli molta sofferenza. L'essenza che la Wàng applicò sulle ferite era una particolare variante dell'essenza di Dittamo: agiva sulle creature non magiche, laddove la pozionistica più tradizionale avrebbe potuto deficitare. Ricordava ancora quando sua madre aveva guarito un pettirosso in fin di vita davanti ai suoi occhi: forse era proprio il ricordo dell'infantile meraviglia provata nel vederlo librarsi nuovamente in volo a spingerla a portarla sempre con sé, come faceva con pozioni ed elisir più essenziali per gli esseri umani. Osservò l'unguento fare effetto lentamente rimanendo accanto all'animale, staccandosi da lui solo il tempo necessario per recuperare una scodella dalla cucina e versarci della Pozione Rigenerante.
    Solo un pochino, okay? il cane faticava ad alzare il grosso testone per lappare il liquido, così Mèi lo sollevò per lui per poi lasciare che fosse Argo a sorreggerlo, mentre lei gli spalancava delicatamente le fauci versandogli la pozione direttamente in bocca, dalle sue mani tenute a coppa Ecco.. sei un bravo cucciolo. Sì, proprio un piccolo combattente.
    Dopo quel mormorio incoraggiante e qualche carezza, la legilimens rimpiazzò il cappotto di Argo con una coperta di lana e lasciò che il cane recuperasse le forze con un po' di meritato riposo. Solo allora si rese conto di quanta spontanea tenerezza avesse mostrato agli occhi dell'uomo e si schiarì la voce, leggermente imbarazzata.
    Ne deduco che gli animali siano degni della tua compassione. osservò, rivolgendogli uno sguardo tra l'incuriosito e il sarcastico: era evidente che non desse il medesimo valore alla vita degli esseri umani, lei compresa Ho già visto cani con ferite di questo tipo. E tu, Argo?
    La domanda non era affatto casuale. Mèi ricordava con lucida precisione tutto ciò che aveva visto e sentito quando era entrata in contatto con quell'essere abominevole che rispondeva al nome di Philip Blake.
     
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    Sapeva, ed in fondo sperava, che la donna non voltato le spalle dinanzi a quella richiesta d’aiuto. Quando dinanzi ad un primo breve momento di confusione, lo lasciò entrare, Bart cominciò a sentirsi un po’ più leggero. Anche se il cane tra le sue braccia non smetteva di soffrire, era conscio del fatto che la donna avrebbe presto trovato rimedio a quel dolore, dando al cucciolo un po’ di sollievo dal male che ingiustamente aveva dovuto patire. Questo non cancellava la furia che ancora covava dentro, ma lo tranquillizzava in parte. Le lasciò le redini della situazione, facendosi da parte per lasciare che la donna adoperasse la sua arte senza interruzioni. Ed ancora una volta ne fu stupito. Fu rapito dal modo in cui con una grazia per lui innaturale riusciva a sfiorare ferite così profonde riuscendo a sanarle. Il cucciolo per quanto provato, si lasciò andare e pian piano parve persino smettere di tremare. Bart si sentì tranquillizzato e per qualche ragione come inorgoglito.
    Non tolse lo sguardo dal pitbull, mentre lo accarezzava sul capo mezzo addormentato. Nemmeno le parole della donna, lo dissuasero dalle attenzioni rivolte all’animale. Mai era propenso a dimostrare al mondo la sua parte umana, convinto comunque di non averne una, ma in quel momento non riuscì ad evitarsi quell’atteggiamento nei confronti di quel piccolo essere ingiustamente maltrattato.
    “Non hanno colpe.” Fu la sua risposta secca e veloce. Ammetteva ci fossero ingiustizie al mondo, alcune che non tollerava. Lo faceva in modo chiaro ed esplicito, quasi involontario. Alzò lo sguardo sulla donna, guardandola appena per un secondo prima di tornare al cucciolo ormai addormentato. “Per quanto ti sia difficile da credere, non mi piace provocare sofferenza.” Una rivelazione di sè, forse la prima da quando erano stati costretti a conoscersi. “Soprattutto in chi non può difendersi.” Aggiunse, rimettendosi dritto lasciando andare così il cane. Guardò la donna a quel punto, chiedendosi dove volesse andare a parare. Le sue parole sembravano nascondere una storia da voler condividere. “Quindi no. Non avevo mai assistito ad uno scempio simile.”


     
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    Doveva necessariamente ammettere una certa sorpresa di fronte alla particolare sensibilità di Argo rispetto alle condizioni del cane ferito. Non riusciva ad immaginare come un uomo evidentemente disposto a tutto per denaro potesse preoccuparsi tanto per la vita di un altro essere vivente, un cane con cui non aveva nessun particolare rapporto. Le venne in mente che ciò potesse essere un retaggio di una sua vita passata, quella che doveva aver abbandonato quando da soldato dell'esercito americano si era trasformato in un mercenario al soldo del migliore offerente. Mèi era sicura che un tempo quell'uomo misterioso dovesse aver avuto degli ideali, degli affetti, degli interessi.. e una particolare sensibilità nei confronti degli animali, evidentemente.
    Quella costatazione ebbe sulla Wàng uno strano effetto. Da una parte se ne sentì toccata, quasi addolcita, di contro ciò mise ancora più in risalto quanto poco doveva valere per lui la vita umana: il giovane pittbull lo impietosiva, ma imporsi su una donna che mai gli aveva fatto alcun torto non pareva metterlo affatto in difficoltà.
    Dunque ritieni che io, invece, debba avere qualche colpa che mi ha posta sotto il ricatto di un criminale.
    Gli fece brevemente notare, dedicando al cane un' ultima carezza prima di lasciarlo riposare. Si avvicinò alla finestra e fece vagare lo sguardo sulla città illuminata dalle luci dei lampioni e degli edifici circostanti. Certo.. era strano che Argo le avesse lasciato un suo spazio personale ora che erano lì a Londra, tanto che in un primo momento Mèi aveva pensato di aver smosso qualcosa dentro di lui. Forse non era del tutto immune ai sensi di colpa, eppure ciò non bastava a spingerlo a porsi i giusti interrogativi. Si voltò di scatto verso di lui, il risentimento traboccante nei suoi occhi lucenti come perle nere.
    Tu non conosci affatto le persone per cui lavori, non è così?
    Un'accusa, più che una domanda. Cosa stava facendo? Lo spingeva a forza verso la verità. Una strategia nuova per lei, che mai intraprendeva percorsi così diretti ed immediati. Era quasi un azzardo definirla una strategia, in effetti, poiché non vi era calcolo nel modo in cui la cinese stava approcciando al suo guardiano, il che era del tutto inaudito per una donna come Mèi. Non che non riuscisse a trattenersi, ma piuttosto.. non voleva farlo. Quella breve parentesi di sincerità a cui si era abbandonata la sera in cui i nazisti li avevano quasi uccisi e il panico l'aveva sopraffatta aveva avuto su di lei un effetto incisivo. Era stata un'esperienza nuova, strana. Inebriante. Pericolosa, di sicuro, ma inebriante.
    I combattimenti clandestini tra cani sono solo uno degli introiti più aberranti dell'organizzazione di Philip Blake. lo informò, la voce dura e tutt'altro che conciliante Quell'uomo è un Demone.
    Non era sua abitudine usare certe definizioni con leggerezza. Aveva un parere molto negativo sul genere maschile, ma nella maggior parte dei casi le capitava di giudicarli meschini, vili, inclini alla sopraffazione per ragioni di puro egocentrismo, per debolezza caratteriale e per via di retaggi culturali profondamente radicati. Ma nessuno degli uomini che aveva conosciuto si avvicinava neanche lontanamente a Blake. L'australiano era totalmente privo di empatia, né possedeva alcun barlume di moralità.
    Questo ti rende un ipocrita o un ingenuo. Quale dei due?
    Forse davvero Argo non era a conoscenza degli abissi dell'anima dell'uomo che lo aveva assoldato. Ma Mèi era certa di non avere a che fare con un sciocco, per questo definirlo "ingenuo" non era che una pungente provocazione: era chiaro che se non sapeva niente era perché non aveva voluto sapere, non aveva indagato sul suo cliente.. probabilmente gli risultava più comodo non essere messo di fronte a dilemmi morali che lo avrebbero logorato. Bene, si era crogiolato in quella scelta comoda troppo a lungo.
    In fin dei conti hai ragione, anch'io ho le mie colpe. Per anni ho creduto che mio padre fosse il mio più grande ostacolo: sono stata così concentrata su di lui che ho sottovalutato la crudeltà del resto del genere maschile.
    Si allontanò dalla finestra avvicinandosi all'ex soldato e fermandosi a pochi passi da lui.
    Tu guarda, tutto questo non è affatto cortese da parte mia.. vero? Gli uomini di solito sono concordi nel trovarmi assolutamente adorabile.
    Per un attimo la sua espressione parve addolcirsi e le sue parole suonarono effettivamente più gentili, quasi fosse rammaricata all'idea di aver fatto una brutta impressione. Ma ormai la maschera era caduta.
    Temo ti sia toccata la mia sincerità.
    Quell'improbabile risvolto la amareggiava, ma le provocava anche un sottile senso di euforia.
     
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    Il pitbull sembrò trarre un sospiro di sollievo prima di chiudere gli occhi. La terapia doveva star cominciando a fare il suo effetto, e questo di rimando alleggeriva Bart che però non aveva avuto ancora l’ardire di allontanarsi dal cucciolo ferito. Gli restò accanto anche mentre la donna parlava. La sua acidità lo colpì in pieno ma non mostrò alcun segno sul suo volto. Rimase chino sul cane a concedergli goffe carezze con la sua grande mano. “Nessuno ti ha torto un capello finora. Io no di certo.” Le rispose senza guardandola, mettendola dinanzi a quel che per lui era un dato di fatto. Non l’aveva ferito, non avrebbe potuto. La sua missione, fino a quel momento, si era limitata al semplice compito di guardiano. E d’altro canto, non sarebbe stato disposto ad accettare altro. Capiva però il rammarico della donna. A nessuno piaceva vivere privato della propria libertà, e il Murphy ne sapeva qualcosa.
    Alzò lo sguardo sull’altra solo in seguito a quella sorta di domanda retorica, ossia l’accusa di non conoscere affatto gli uomini per cui lavorava. Se ne sentì toccato, ma anche in quel momento non rispose.
    Forse era entrambe le cose. Ipocrita ed ingenuo. Di sicuro era stato ingenuo nella sua vita precedente, e da quando aveva accettato il male per perseguire il suo scopo, aveva indossato senza troppe remore il mantello dell’ipocrisia. A lei questo non lo disse. Non avrebbe potuto capire, nè voleva che qualcuno lo facesse. La sua battaglia era solo sua e di nessun altro.
    “Sono le tue parole. Perchè dovrebbero corrispondere al vero?” Rispose infine con una domanda, mettendosi dritto.
    Il loro rapporto non era stato idilliaco fin da subito. Avrebbe preferito instaurare un tipo di rapporto diverso, o forse non instaurarne affatto, ma con la Wang tenersi a distanza e sulle proprie non era esattamente facile.
    Percepì il suo fastidio, la sua stanchezza e per un attimo se ne sentì colpevole. Era quello il problema di sentire l’opinione delle sue vittime, o di Mei quantomeno: finiva con il giudicare se stesso ed il suo operato.
    Si rimise dritto, avvicinandosi ad un mobile su cui, lentamente, ripose la fodera della propria arma. Un gesto stupido apparentemente, o magari un tentativo di aprirsi a lei senza limiti.
    “Io non ho mai creduto fossi adorabile. Non più di una vipera a tre teste.” Non trattenne quella piccola frecciata nei suoi riguardi. Non aveva mai creduto Mei potesse essere innocua. Le donne come lei avevano il potere di manipolare il prossimo con un semplice sguardo. Contro quel tipo di potere, non c’erano armi in grado di proteggere.
    “Non mi piace fidarmi del prossimo.” Non so farlo.
    Aggiunse poco dopo mentre, afferrava una sedia e la rigirava per sedervisi cavalcioni. Le braccia penzoloni dallo schienale e le mani bene in vista. Un modo di farle capire che le stava dando fiducia e che era pronto a sentire ciò che volesse raccontargli. “Ma credo in ciò che vedo. Quindi, se sei così sicura di quel che dici, dimostramelo. Dimmi dove posso trovare prove della vera essenza dell’uomo di cui parli.”


     
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    Dovrei ringraziarti per non avermi messo le mani addosso?
    Mèi rivolse all'uomo uno sguardo più eloquente di mille parole. Voleva davvero raccontarsi che non le stava recando alcun male? In tal caso, Argo era davvero un ipocrita. La Wàng però, quel giorno era stranamente riluttante ad accettare qualsiasi forma di ipocrisia: del tutto inusuale da parte di una donna abituata a fingere e dissimulare per destreggiarsi nella vita. Eppure tra lei e quel gigante poco loquace sembrava essere scattato qualcosa che aveva messo in discussione tutti i filtri che la legilimens si era sempre imposta, quelli che l'avevano aiutata a sopravvivere. Non si poteva dire che gli avesse aperto il suo cuore, ma di certo il crollo emotivo di cui l'americano era stato testimone aveva avuto un effetto catartico, in primo luogo su di lei: quello sfogo indesiderato le aveva mostrato quanto fosse stanca di recitare la parte della docile fanciulla accondiscendente, le aveva fatto capire che non poteva interpretare quel ruolo anche in quella situazione così estrema. La sua vita e soprattutto quella di Jun erano in pericolo costante da mesi e le sue forme di difesa più sofisticate si erano dimostrate totalmente inutili in quella circostanza. Fingere non era più la risposta.
    Sei il mio carceriere.
    Glielo fece notare in tono secco, privo di qualsivoglia pietà. Non gli avrebbe permesso di definirsi innocente nei suoi confronti: ricordava bene l'angoscia provata quando lui le si era palesato per la prima volta. Con il passare dei giorni aveva imparato a temerlo di meno sotto certi aspetti - era sinceramente convinta che non le avrebbe mai usato violenza - ma percepiva comunque con una certa inquietudine la sua presenza. Non sapeva mai cosa aspettarsi da Argo. Lo osservò con circospezione mentre lui posava la sua arma su un mobile, comprendendo che doveva esserci un messaggio in quel gesto.
    Beh, questa è nuova. corrugò la fronte, incapace di dissimulare il proprio stupore nel sentirlo riconoscere in lei tutt'altro che una creatura innocua e docile Sei un acuto osservatore, per essere un uomo.
    In qualche modo gli restituì un complimento, sincero come quello che lui le aveva rivolto definendola una vipera a tre teste. Forse un simile paragone non era esattamente un complimento oggettivo, certo, ma lo era per Mèi. Gli uomini la sottovalutavano da quando era venuta al mondo. Tutti gli uomini sottovalutavano le donne e sovrastimavano sé stessi, questo era ciò che la cinese aveva imparato in anni di interazioni più o meno volontarie con il genere maschile. Era bizzarro che proprio quell'uomo che nell'aspetto appariva come un concentrato della virilità più rude si rivelasse capace di osservarla e studiarla, senza dare niente per scontato. Forse fu questo che la spinse a rispondere di getto alla richiesta dell'altro, malgrado fosse tutt'altro che incline a fidarsi della disponibilità che le stava improvvisamente offrendo.
    Prove? Posso indicarti il locale qui a Londra in cui sono costrette a prostituirsi le donne rapite e vendute da Blake. Non sarà difficile per me far parlare chi le tiene come schiave, so essere molto persuasiva.
    Aveva ovviamente condotto diverse ricerche sul mostro che la teneva sotto scacco, sulla sua organizzazione e sulle attività che gestiva in America e in Europa. Era certa che i miserabili piccoli uomini che gestivano quel locale dovessero avere menti incredibilmente facili da invadere e da piegare, senza contare che aveva con sé una scorta di Veritaserum nel caso in cui Argo avesse voluto ricevere direttamente da quei criminali informazioni sui loro rapporti con Blake.
    Ma se della vita di quelle donne ti importa quanto ti importa della mia.. lasciò quella frase in sospeso con allusiva amarezza, prima di riprendere parola Beh, immagino che riuscirò comunque a farmi indicare dove organizzano gli incontri clandestini tra cani. Le attività criminali di Blake non hanno rilevanza solo oltreoceano ma anche qui in Regno Unito. Donne, animali, droga, armi: non c'è niente da cui il tuo padrone non tragga profitto.
    Caricò volutamente il termine "padrone" in una deliberata provocazione. Poi si mosse all'improvviso, afferrando la sua borsa appesa ad una sedia e recuperando il portafoglio. Si avvicinò ad Argo, porgendogli una foto.
    Pare anche che rapisca bambini, per convincere chi li ama a far qualunque cosa lui chieda. Una sorella, per esempio.
    Nella foto Mèi rideva in modo sorprendentemente spontaneo, mentre il vento le scompigliava i lunghi capelli corvini. Il suo sguardo era tutto per il bambino al suo fianco mentre quest'ultimo, al contrario, rivolgeva continuamente sorrisi e saluti all'obbiettivo. Raramente Jun era così disinvolto ma la vicinanza della sorella aveva sempre una bizzarra incidenza sulla sua proverbiale timidezza. Ironia della sorte, Mèi lo faceva sentire al sicuro.
    Si chiama Jun, compirà nove anni tra un mese. L'ultima volta che l'ho visto non ne aveva ancora otto.
     
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    “Non è quello che ho detto.” Tentò di ribattere alle sue accuse. Non cercava il suo perdono, chiaro, ma stava odiando l’astio, non più così celato, che la donna gli riversava contro in quel momento. Un rancore covato che si premurò di liberarsi e scaraventarglielo contro un colpo alla volta.
    Sei il mio carceriere
    Per qualche ragione si sentì colpito da quelle parole. Quasi offeso avrebbe detto.
    Non si era mai sentito tale nei confronti di nessuno. In realtà, non aveva mai rimuginato a fondo sul significato della sua figura per gli altri perchè non gli era mai importato. Era il fatto che ora quelle parole lo turbassero, a turbarlo ancor di più. Assurdo che le parole di una sconosciuta, potessero avere per lui un tal peso. “Non ti ho messe catene.” Provò quindi invano a giustificarsi, ma si rendeva conto da solo quanto ipocrita fosse il suo tentativo. Non bastava essere dietro le sbarre per sentirsi prigionieri e Bart non promulgava certo la libertà altrui, non quando assumeva il ruolo di mercenario. “Puoi vedermi come un guardiano se ti fa più comodo.” Aggiunse poco dopo, nel tentativo di alleviare quella che per lei doveva essere una indigeribile ingiustizia.
    Silente attese che la donna tirasse fuori il veleno che non riusciva più a gestire. Vederla così accorata, lei che sembrava sempre algida ed intoccabile, fu strano. Fu come assistere ad una inaspettata eruzione vulcanica. Alla natura che d’un tratto si scuote e si riprende possesso del mondo.
    Tutto quel che raccontava, Bart ne era consapevole, poteva essere semplicemente frutto di una storia molto colorita. Fandonie create ad arte nel tentativo di liberarsi di quella condizione di cui era vittima. Eppure il Murphy leggeva il vero nel suo racconto quanto nel suo sguardo.
    Non la guardò per un po’. Grattò il mento col pollice e l’indice mentre rimuginava. Quando dopo qualche istante si alzò dalla sedia sulla quale si era seduto, la prima cosa che disse fu: “Io non ho padroni.”
    Un chiarimento. Per quanto non potesse sembrare così viste le dinamiche della loro conoscenza, Bart era ancora fermamente convinto di quella realtà. Accettare lavori per denaro non lo rendeva schiavo di nessuno. A renderlo schiavo era solo la sua sete di vendetta. “I mercenari non ne hanno.” Aggiunse poco dopo avvicinandosi al punto in cui aveva posato la sua arma per riprenderla. Silenziosamente ripose il fodero alla cintura, prima di tornare al cucciolo salvato. Una carezza veloce per assicurarsi delle sue condizioni. Poi, si avvicinò alla porta, dinanzi alla quale si fermò.
    “Metti un soprabito. Conducimi al locale di cui parli.” Poteva sembrare un ordine, ma non era altro che una richiesta la sua. Le chiedeva di mostrarle ciò di cui parlava. Le dava fiducia e la possibilità di crederle.


     
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    Il fatto che lui continuasse a negare di essere a tutti gli effetti il suo carceriere, minimizzando la propria posizione, la irritava non poco. Più di quanto fosse opportuno in effetti, vista la posizione delicata in cui si trovava: non doveva tirare troppo la corda, dare troppo addosso all'americano proprio ora che si stava mostrando stranamente disponibile all'ascolto. Non le era ancora chiaro quale razza di senso etico lo dominasse - sempre ammesso che ne avesse realmente uno - ma Argo restava un uomo estremamente pericoloso. Sebbene non l'avesse mai toccata, Mèi lo aveva visto in azione e riconosceva in lui la letalità di un assassino esperto. Era davvero difficile per la Wàng fare i conti con quell'improvvisa difficoltà nel dominare le proprie emozioni: forse poteva osservare una certa clemenza verso sé stessa di fronte ad un attacco di panico incontrollabile come quello che l'aveva sopraffatta in terra tedesca, ma faticare nel celare nervosismo e frustrazione era un qualcosa di ben più grave. Era sempre stata un'esperta nella gestione della rabbia, in primo luogo perché il controllo delle emozioni negative più "forti" era un pilastro fondamentale dell'educazione femminile cinese, a maggior ragione in una famiglia ricca e altolocata come la sua. Inoltre trattenere astio e rancore dentro di sé, nutrirli in silenzio mentre al mondo mostrava solo i suoi enigmatici e dolci sorrisi si era sempre rivelato molto utile da un punto di vista strategico. Funzionale ad ottenere ciò che desiderava.
    Forse proprio per questo, di fronte all'ipocrisia con cui lo yankee si ostinava a dipingersi come una figura quasi neutrale - un semplice guardiano privo di colpe o responsabilità - una parte di lei si sentiva davvero punta sul vivo, toccata da un comportamento in cui rivedeva parzialmente la stessa necessità che per anni l'aveva spinta a dirsi che lei, infondo, restava padrona di sé stessa e del suo futuro sebbene impiegasse molte energie nel mostrarsi compiacente e docile di fronte all'autorità paterna.
    Dovresti chiederti perché avverti la necessità di mentire a te stesso.
    Raccontarsi una realtà meno sgradevole a volte era necessario per sopravvivere. Chissà per quale ragione l'ex soldato avvertiva quel bisogno, chissà quale storia si celava dietro alle sue scelte. Adesso, per esempio, l'uomo ne stava compiendo una che la lasciava interdetta. Aveva risposto con il silenzio alle terribili colpe di Blake che Mèi gli aveva rivelato, si era mostrato quasi impassibile di fronte alla foto che le aveva mostrato. Al punto che la legilimens si era sentita sciocca, quasi in imbarazzo nell'aver condiviso con lui quello scatto che raffigurava lei e Jun in un contesto così intimo, familiare, felice. Si era ripresa la foto con un gesto frettoloso e mai avrebbe pensato che, mentre lei si rammaricava di avergliela mostrata, Argo stava giungendo alla decisione di approfondire la questione, testarne la veridicità. Rimase interdetta per qualche istante risolvendosi infine nel rispondergli in modo conciso, senza guardarlo negli occhi.
    Bene.

    Niente sangue, d'accordo? Siamo qui solo per ottenere risposte. Se massacri qualcuno la notizia arriverà subito a Blake e lo metterà in allarme.
    Si erano presentati in quello squallido ricettacolo di carne umana come una atipica e misteriosa coppia in cerca di nuove esperienze. Argo incuteva il timore necessario a farlo apparire un individuo privo di qualunque scrupolo e lei, d'altra parte, trasudava l'eleganza di chi era cresciuto nel privilegio. Aveva parlato con l'arroganza di una donna abituata ad ottenere sempre tutto ciò che voleva, a considerare il suo prossimo più come mezzo che come individuo: nel chiedere una ragazza molto giovane per "condividerla" con il suo uomo si era mostrata pretenziosa e priva di scrupoli, aveva esibito la propria disponibilità a pagare qualunque prezzo. Aveva così ottenuto un incontro con qualcuno di più importante del barman che si occupava di fornire ai clienti donne adatte a chi non aveva richieste particolarmente specifiche.
    Lascia fare a me.
    Questo aveva sussurrato al mercenario stringendo la presa sul suo braccio, mentre si sedevano a condividere il tavolo con un individuo dall'aria viscida, pronto a parlare loro di come avrebbe contattato chi riforniva di puttane - schiave sarebbe stato il termine più indicato - il locale per far avere loro una ragazzina di quindici, volendo anche quattordici anni, al giusto prezzo. Si rendeva conto di quanto Argo al suo fianco fosse inquieto di fronte al loro interlocutore, al punto che le parve sentirlo vibrare del suo stesso disgusto, del medesimo odio che le torceva le viscere. Era possibile che un uomo - un qualunque uomo, ma un mercenario assassino in particolare - trovasse rivoltante come lo trovava lei ciò che veniva loro offerto?
    Mèi era seriamente tentata dal rimettere in discussione la richiesta fatta al suo "guardiano": quella di non versare sangue. Ma Blake non doveva ricevere alcuna notizia allarmante: c'era Jun nelle sue mani.. lei lo ricordava fin troppo bene e in cuor suo sperava che lo ricordasse anche Argo. Nel frattempo, il Veritaserum che aveva opportunamente versato nel drink di quel rifiuto umano doveva aver fatto il suo effetto.
    Fagli le domande che credi. Chiedigli da dove arrivano le ragazze o.. quello che vuoi.
    Cedette finalmente la parola all'ex soldato, senza risparmiarsi una nota piccata nella voce. Quasi di sfida.
    Non vorrei che tu pensassi che cerco di manipolare la situazione e distorcere la verità.
    Avrebbe lasciato condurre lui quel breve interrogatorio per il quale non sarebbe stata necessaria alcuna forzatura. E poi lei avrebbe pensato a ripulire la memoria di quell'uomo, così da non lasciare tracce del loro passaggio.
     
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    Mentire a se stesso.
    Lo aveva fatto per anni e lo faceva ancora. La verità era che una padrone l’aveva, e dominava ogni sua giornata. La vendetta regnava sovrana sulla sua vita, decidendo per lui ogni dettaglio della sua esistenza. Persino il ruolo che l’aveva avvicinato alla donna, non era che una conseguenza del suo voto alla vendetta. Un desiderio malsano che non riusciva a sanare e che lo spingeva ad alimentare la sua quotidianità di odio e violenza.
    Acconsentì a seguirla fino al luogo indicato, un locale perso nel buio di quella città, in cui il viscido e l’osceno sembrava essere all’ordine del giorno. Entrarono in quel locale senza molte difficoltà, avanzando tra signorotti attempati troppo dediti a donare attenzioni a ragazzine con la metà dei loro anni per prestare loro attenzioni. Fu fin da subito complicato tener fede alla promessa fatta a Meì prima di arrivare lì. Evitare di uccidere gli uomini rozzi che deturpavano con i loro tocchi osceni corpi ingenui di bambine, lo nauseava. Dovette far ricorso a tutto l’autocontrollo che non aveva per non esplodere in un distruttivo attacco d’ira.
    Un gesto che si evitò di fare solo perchè desideroso a quel punto di conoscere la verità.
    Se veramente dietro tutto quello c’era la stessa persona che lo aveva incaricato di far da guardia a Meì, come avrebbe potuto accettarlo? Erano poche le cose in grado di smuovere la sua coscienza ormai, ma c’erano limiti che nemmeno Bart sentiva di poter oltrepassare senza sentirsi del tutto annientato. Direttamente o meno, non poteva far parte di un circolo simile.
    Attese silente e poco tranquillo, il via libera da parte della donna. Quando arrivò, si era convinto a parlare, solo parlare, con l’uomo che avevano dinanzi. Un’iniziativa presto mandata all’aria dal modo in cui il loro interlocutore, aveva strattonato per i capelli una ragazzina appena passata di lì. Trattenersi fu a quel punto impossibile. I suoi gesti furono veloci ed inaspettati. Afferrò la mano dell’uomo, girandola di scatto fino a sentire le sue ossa rompersi. L’altra mano, si premurò fin da subito di tappargli la bocca per evitare che potesse urlare. Tutto questo con Meì ancora al suo fianco.
    “Tocca di nuovo una donna così e non avrai più le mani per farlo.” Un avvertimento veloce e deciso, mentre gli intimava il silenzio. Lo avesse fatto o meno poco importava. Si allontanò per afferrare un fazzoletto e una penna dal bancone poco lontano. Tornato a lui, li posò sul tavolo con irruenza. “Ora tu scrivi chi c’è a capo di tutto questo, da dove arrivano le ragazze, e ognuno dei nomi impegnati in questo traffico.” Rabbia. Non avrebbe ammesso repliche o sotterfugi. Immaginava il veritaserum somministrato dalla donna, avrebbe comunque dato una mano in quel compito. “Li voglio tutti, dal primo all’ultimo.” Aggiunse poco dopo. “Mi auguro tu sappia scrivere anche con la sinistra.” Si sedette poi accanto alla donna, afferrando una sedia. “Come vedi, non c’è sangue. Per ora.” Disse a Meì, indicando la mano rotta dell’uomo.



     
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    La repentina reazione del mercenario la fece sussultare. Istintivamente fece correre lo sguardo attorno a sé, per assicurarsi che nessuno avesse fatto caso all'impeto con cui l'americano aveva aggredito il loro sgradevole interlocutore. Erano fortunati: nessuno sembrava far troppo caso a loro, l'interesse di chi frequentava posti simili era tendenzialmente rivolta unicamente alla propria persona e al soddisfacimento di desideri e pulsioni personali.
    La fortuna, tuttavia, non era un elemento su cui la Wàng amasse fare affidamento. Si mosse quasi contemporaneamente ad Argo, quando lui si alzò per procurarsi penna e fazzoletto, avvicinandosi alla giovane prostituta maltrattata dall'individuo che stavano interrogando.
    Va tutto bene..
    Le mormorò con quel tono melodioso e rassicurante che da sempre usava per placare gli animi. A quel punto, la bacchetta celata dal soprabito, sussurrò un incantesimo di memoria, per poi lasciarla andare senza che nella sua mente vi fosse rimasta traccia dell'accaduto. Quando tornò a sedersi al tavolo ritrovò i due uomini, l'uno dolorante e terrorizzato, l'altro irrequieto e instabile come una bomba ad orologeria.
    Non dobbiamo attirare l'attenzione.
    Sibilò all'ex soldato, mentre il criminale di fronte a loro faceva del proprio meglio per scrivere quanto richiesto nel minor tempo possibile, considerato che era costretto ad usare la mano sinistra. Il fatto che Argo si fosse affrettato a tappare la bocca di quel verme impedendogli di urlare non bastava a renderla più indulgente. C'era sempre la vita di suo fratello in gioco.
    Ti senti meglio con te stesso ora che hai rotto la mano dell'ultima ruota del carro di un traffico sessuale?
    Sarebbe senz'altro apparsa spietata a qualunque uomo abituato ad avere a che fare con la Mèi di sempre: quella accomodante, garbata, conciliante. Probabilmente lo stesso Argo era sconcertato dal brusco cambiamento nell'atteggiamento della donna con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento.
    Anche se.. l'aveva definita una vipera.
    Come se già dal principio avesse intuito più di quanto lei non avesse desiderato lasciar trasparire.. chissà come. Fatto stava che quel giorno, dal momento che ormai la disperazione l'aveva portata a mettere da parte la sua maschera da donna perfetta ( "perfetta" secondo le fantasie maschili, chiaramente), non aveva intenzione di fare alcuno sconto al suo guardiano. Lo avrebbe costretto a guardare in faccia la realtà: sordida e meschina.
    Sottrasse velocemente il foglio di mano all'uomo quando vide che aveva finito. Lo fece scivolare sotto lo sguardo del mercenario, come una sentenza scritta nero su bianco sotto ai suoi occhi: una sentenza sui crimini di Blake, ma anche sulle colpe di chi gli offriva i suoi servizi in cambio di denaro. Lo lasciò leggere mentre provvedeva a ripulire a dovere la memoria del malcapitato che era finito nelle mani di quella strana accoppiata: la vipera e il pitbull. Poi si riappropriò del foglio e finì il proprio cocktail in un ultimo sorso.
    Se davvero ti importa delle ragazze che lavorano qui dentro, nulla ti impedisce di rivedere i tuoi obbiettivi. fece notare all'americano mentre si alzava e gli faceva cenno di seguirla verso l'uscita del locale Certo, non saranno remunerativi come il tuo attuale incarico.
    Una stoccata priva di indulgenza, di nuovo. Per qualche ragione, da quando aveva colto in Argo lo sdegno nei confronti della violenza su donne e animali indirizzargli osservazioni pungenti, quasi crudeli, era più forte di lei. Desiderava provocarlo, metterlo all'angolo. Non avrebbe mai sprecato tanto veleno per altri uomini. In generale sprecava ben poche parole degne di nota, sincere, per qualunque uomo. Argo era diverso. Cogliere in lui un conflitto interiore, un tormento, le stimolava emozioni sconosciute che non era abituata a gestire. Voleva colpirlo, costringerlo ad esporsi: voleva vederlo.
    Per oggi usciremo da qui senza fare altro. Qualsiasi mossa azzardata condannerebbe mio fratello Jun a morte. Lo capisci, vero?
    Doveva capirlo. Non era possibile che la sofferenza di un bambino lo lasciasse indifferente, non dopo quello che Mèi aveva potuto osservare quel giorno. Chissà se quell'uomo cupo e traboccante di rabbia riusciva anche a comprendere il suo dolore di sorella: chissà se aveva fratelli, sorelle, amici per lui importanti quanto un legame di sangue. La cinese non conosceva la sua storia e si sorprese non poco nel rendersi conto che, infondo, avrebbe desirato conoscerla.
     
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    Il modo deciso quasi irruento, in contrapposizione alla sua figura, con cui la Wang prese in mano la situazione, disturbò appena il mercenario già in lotta con la sua scarsa pazienza. Constatare di essere finito in un giro come quello, lo rendeva rabbioso ed inquieto. Sarebbe esploso senza troppi preamboli se Meì non gli avesse praticamente imposto un comportamento diverso da quel che era abituato.
    La cosa straordinaria quanto assurda fu proprio la sua volontà ad acconsentire alle sue parole. Niente a che vedere col Murphy violento ed esplosivo che avrebbe scatenato una guerra in altre occasioni.
    Con la mascella serrata e lo sguardo distante, si apprestò a seguirla prima di superarla. “Non farò nulla.” Fu l’unica cosa che le disse mentre si sbrigava ad allontanarsi da quel luogo che gli faceva bollire il sangue nelle vene. Scappare di lì era l’unica soluzione per evitarsi la carneficina che nella sua mente aveva già programmato di fare.
    In silenzio tornò verso l’appartamento della donna. Non proferì parola alcuna, nè la guardò.
    La sua premura fu rivolta tutta al cane che, ancora provato dalle ferite da cui era stato curato, aveva comunque avuto la forza di riservargli un guaito di gratitudine.
    Solo dopo essersi calmato, si decise a rivolgere la parola alla Wang, senza tuttavia guardarla. Non nell’immediato.
    “Dove lo tiene?” Le chiese, riprendendo le ultime parole da lei pronunciate. Parlava del fratello, quello che Meì diceva essere sotto la prigionia di Blake.
    “Tuo fratello. Dov’è?” Chiarì poco dopo, voltandosi verso lei.
    Il suo lavoro era osceno per molti, anche per se stesso. Non chiedeva il perdono di nessuno per quel che aveva commesso e per le scelte intraprese, ma l’idea di essere stato trascinato in un gioco perverso come quello lo disturbava profondamente.
    Sentiva di aver ucciso la sua famiglia una seconda volta. Le sue sorelle lo avrebbero perdonato per quello? Lui lo avrebbe fatto?
    “Prima recuperiamo tuo fratello, e poi uccido Blake.” Poche parole e decise che non ammettevano repliche. Lo avrebbe fatto con o senza il suo appoggio, sarebbe stata quella la sua nuova missione per quanto inconcepibile ed incoerente potesse sembrare. “Fino ad allora fingerò di tener fede al nostro accordo.” Aggiunse poco dopo, sostenendo il suo sguardo. “Sei libera.” Non avrebbe più seguito i suoi spostamenti o imposto lei un regime da seguire. Si sarebbe fatto da parte, lasciandole il diritto di governare la sua vita mentre si impegnava a riportarle suo fratello. Era quel che poteva fare per sdebitarsi di quel periodo e della prigionia che le era stata imposta.



     
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    La Wàng tirò un sospiro di sollievo quando si accorse che il mercenario la stava effettivamente seguendo. Sebbene avesse sfoggiato una certa disinvoltura, il timore di vedere l'uomo esplodere e scatenare la propria violenza su buona parte dei presenti era più vivo che mai. Lo aveva già visto in azione, sapeva quanto incontenibile potesse rivelarsi la sua furia distruttiva. Intuì l'urgenza di quell'allontanamento quando Argo la superò - a riprova di quanto dovesse essere difficile per lui trattenersi - e non poté fare a meno di chiedersi cosa lo avesse spinto a farlo. L'incolumità di un bambino toccava dunque la sua sensibilità? Così come il disgustoso trattamento riservato alle donne sfruttate in quel locale, il destino di un cane immolato alla crudeltà umana. Mèi non sapeva come far collimare tutte quelle nuove informazioni con l'immagine che l'americano le aveva dipinto di sé stesso quando si erano conosciuti.
    La mancanza di chiarezza la spinse al silenzio durante il ritorno al loro alloggio, come se qualsiasi parole pronunciata potesse destabilizzare di nuovo variabili che non le erano affatto chiare. Variabili in continuo movimento, mutevoli sotto il suo sguardo attento e indagatore, sempre votato alla comprensione. Mai come in quel momento, Mèi avvertiva la necessità di ricorrere al proprio talento, alle proprie abilità di legilimens per scandagliare la misteriosa e insondabile mente del suo compagno di viaggio. Ma era chiaro che una mossa del genere avrebbe rappresentato un turbamento fatale del precario equilibrio che sembrava essersi istaurato tra loro quella sera.
    L'improvvisa domanda che lui le rivolse la colse mentre era assorta, intenta a studiare il modo in cui l'ex soldato si prendeva cura del pittbull che si stava lentamente rimettendo in sesto. Le occorse un ulteriore chiarimento per comprendere il senso di quell'inatteso interrogativo. Rimase a fissarlo a lungo, in silenzio, quando finalmente incontrò il suo sguardo. Quegli occhi neri come pozzi senza fondo e senza luce erano calamite che alimentavano il nervosismo della legilimens rispetto alla confusione che quell'uomo le suscitava.
    A Detroit, in chissà quale scantinato.
    Recuperò un pacchetto di sigarette, forse proprio per gestire quel senso di frustrazione, offrendone una anche all'americano prima di precederlo sul piccolo balcone che affacciava su una Londra ormai illuminata solo da luci artificiali. Il fumo si sollevò nella semioscurità di quel balcone mentre Mèi rabbrividiva: forse perché non aveva rimesso il soprabito, ma più probabilmente per ciò a cui stava pensando. Uno scantinato buio e spoglio, un materasso, una coperta logora, il cibo appena sufficiente alla sopravvivenza, così Blake le aveva descritto le condizioni in cui viveva suo fratello, in attesa che lei riuscisse finalmente a scoprire dove si trovava il tesoro di Eleanor.
    Quella città è sua, lo sai? I suoi tentacoli arrivano dal centro alla periferia. scrollò via la cenere dalla punta della sigaretta Quella di cui parli è un'impresa ad alto rischio.
    Qualcuno avrebbe potuto definirla una "missione sucida" ma, per quanto sconvolta dalla decisione di Argo, la cinese si guardava bene dall'esprimersi in termini così catastrofici. La possibilità che lui potesse realmente aiutarla stava prendendo forma nella sua mente, per quanto inverosimile. Assurda.
    Tu cosa ci guadagni?
    Il desiderio di violare la mente di quell'uomo, stringerla tra le sue spire per frugarne ogni recesso tornò a farsi più vivo che mai. Non era abituata a non comprendere le motivazioni degli uomini, le erano familiari da anni. Sempre così grette e venali, meschine. Questo era ciò che credeva di sapere. Ma Argo era diverso. La sua mente era un pozzo nero senza fondo esattamente come lo erano i suoi occhi. Un mistero.
    Mi hai detto di essere un mercenario. mosse un passo verso di lui, fronteggiandolo come ad impedirgli di sganciarsi dai suoi occhi, altrettanto scuri ma brillanti e lucidi come perle nere Aiutami a capire.
    In quel momento si rese conto che i pensieri dell'uomo l'attiravano con lo stesso magnetismo che aveva avvertito quando erano stati stretti l'uno nelle braccia dell'altro durante quel ballo in terra tedesca. Quella sera la natura del suo desiderio era stata immediatamente comprensibile per lei, solo il fatto di trovare attraente un individuo che aveva motivo di temere l'aveva in parte destabilizzata. Ma questa brama di conoscere la persona che si celava dietro lo sguardo cupo di quell'uomo senza nome, invece, era completamente nuova. Sconosciuta.
     
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    Il suo animo ribolliva. Se solo ne avesse avuto la possibilità si sarebbe lasciato andare ad una violenta esplosione in cui, pur senza volerlo, avrebbe finito col trascinare con sè qualunque cosa o persona avesse la sfortuna di trovarglisi vicino.
    Eppure non lo fece. Rimase immobile, seppur non calmo, mentre attendeva le informazioni di cui necessitava per ricostruire nella propria mente il percorso che lo avrebbe condotto ad una vendetta. L’ennesima.
    Perchè forse, il suo problema principale, era quello: l’essere così costantemente ossessionato dalla vendetta, da quel malsano concetto di giustizia che aveva finito col diventare tutta la sua vita. Una dipendenza ben più pericolosa di altre e anche più sanguinolenta. Una di cui non poteva più fare a meno.
    “Un tentacolo alla volta, arriverò a lui.” Si mostrò ancora una volta serio e deciso. Non la raggirava affatto. Quelle erano le sue volontà. Quella guerra era diventata adesso anche sua, per un motivo ben più difficile da comprendere vista l’apparenza con cui il Murphy si era sempre presentato. Era chiaro che la donna ne fosse sorpresa, e chissà forse anche un po’ inquieta, ma l’ex soldato non si sentiva capace di donare a qualcuno le sue verità. Lasciarsi scoprire da estranei, era una debolezza che non si era mai concessa.
    “Il sangue che mi sporca i vestiti non sarà mai nè di donne nè di bambini.” Una verità assoluta che pronunciò con sicurezza e senza remore. Una verità quella di cui nessuno avrebbe mai dovuto e potuto dubitare.
    La sua morale era ben difficile da comprendere dal mondo esterno, e a Bart questo importava poco. Faceva costantemente i conti con la sua coscienza, ma per niente al mondo sarebbe arrivato al punto di far del male ad innocenti. Se lo avesse fatto, tutta la sua vita avrebbe perso di significato. Sarebbe diventato come le persone contro cui cercava disperatamente vendetta.
    Si avvicinò al cucciolo, coprendolo bene, prima di prenderlo in braccio. Non lo avrebbe abbandonato. “Non è necessario tu capisca altro.” Aggiunse rivolgendosi alla donna, che guardò per un attimo prima di avvicinarsi all’uscita.
    Si fermò solo un attimo. “Aspetto tue notizie per il viaggio. Saremo in tre.” Avrebbe accolto la sua guida per raggiungere il suo scopo. Poi avrebbe fatto a modo suo, ossia quello peggiore. “Io preparo l’artiglieria.”



     
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