Il desiderio nascente di trovare soddisfazione in una sfida, dopo mesi di assopimento in cui avevo concentrato le mie blande energie in studio ed affini, mi aveva spinto ad affrontare la Hais tra gli spalti di una partita che nemmeno sfiorava i miei più reconditi interessi. Palesemente si confermò una pessima idea. Gli esami finali del mio percorso di studi si erano già affacciati oltre l'uscio delle mie priorità, e mi richiamavano tanto forte quanto le raccomandazioni di mio padre sui risultati che esigeva. E se fino ad allora ero stato irremovibile abbastanza da non cedere alle pressioni continue scaglionate nell'arco dei mesi, delle occasioni, perché proprio al tramonto della mia esperienza mi ero lasciato soggiogare da tali impulsi di rivalsa? Non si trattava chiaramente di noia, né di qualsivoglia senso d'inferiorità da colmare. Piuttosto era forse la paura di rimanere ingabbiato in un'esistenza piatta che cancellasse le prospettive più potenti che avevo sempre visualizzato nel mio futuro. E quella d'altronde si presentò come un'occasione per dare ancora un filo d'orgoglio alla carica che ricoprivo, quella che portava con fierezza l'alabarda col mio cognome cucito sopra.
Raggiunsi l'aula dove di consueto si tenevano lezioni e tornei di duelli. L'atmosfera però era calma, come non mi aspettassi alcun testimone giungesse sul posto per rendersi conto dello scontro che da lì a breve sarebbe avvenuto. Ed ancora, non era il timore di concludere l'incontro sotto le spoglie dell'avversario sconfitto, quanto l'idea che la natura di quell'insistente richiesta da parte della Hais non mi risultò ancora per nulla chiara. Perché sfidarmi in un duello? Per la fama, la gloria, il titolo di campionessa? Perché me e non un qualsiasi altro componente della squadra di Serpeverde?
Il preavviso che le diedi fu poco o nullo. Non un vago tentativo di metterla in difficoltà, quanto piuttosto l'ennesima dimostrazione dell'incertezza che soprassaliva quel frangente poco concreto. Un messaggio scarno tramite gufo le diede appuntamento alla sera, ora di cena, in aula. Lo fece appena qualche ora prima, non giorni d'anticipo, né una settimana scarsa o abbondante. Avevo solo intenzione di finirla ancor prima che iniziasse. Ed in quello forse riponevo la vana speranza la grifondoro si rivelasse abbastanza codarda - o razionale, in prospettiva - da tirarsi indietro senza che nessuno venisse a conoscenza di quell'evento.
Diversamente avrei forse dovuto aspettarmi di vederla giungere con un corteo di tifoseria che aizzasse striscioni per aria? O al fianco di un amico o amica i cui occhi testimoniassero il risultato di quell'incontro? Difficile a dirsi, ed anzi fare pronostici non aiutò la mia calma a rimanere tale. Avevo bisogno di tranquillità, di una buona dose di placidità che coronasse l'ultimo periodo della mia vita che potesse in qualche modo definirsi libero. Tuttavia le sorti di quella serata sarebbero state tirate da tutt'altro che da me stesso.
Un sospiro profondo seguì l'avvicinarsi di passi abbastanza decisi. E non appena lo scricchiolio della porta raggiunse le mie orecchie, rimasi voltato di spalle nell'accogliere mestamente l'unica persona che mi sarei aspettato di trovare lì dentro. 'Hais, cominciavo a chiedermi se avessi deciso di mollare e mantenere la tua fama da seconda scelta.' Di stuzzicarla però non potei proprio privarmene.
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