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    Sto cercando di rimettere ordine nei miei pensieri. A volte camminare mi aiuta a farlo. E quando i pensieri sono tanti, cammino così a lungo che mi rendo conto di aver macinato chilometri. Letteralmente. Per fortuna, essere confinato all'interno di un castello, limita i miei spostamenti, eppure quando mi fermo sento le gambe dolenti, come se avessi corso una maratona. Mi rendo conto soltanto adesso di essere quasi in cima alla torre di astronomia. Non sto valutando un suicidio, chiaro, magari cerco solo un posto dove poter fumare in pace.
    Sono preoccupato per mia nonna ed i soldi che non riusciamo a trovare. Senza contare che il senso di colpa per averla lasciata sola ed il timore che la situazione nel mondo ci si ritorca contro, mi toglie il sonno, che è il motivo per cui in piena notte sono qui invece che nel mio caldo letto. Sputerei in faccia a tutti quelli che dicono che i soldi non fanno la felicità. Vorrei davvero capire come sia essere triste da ricco, perchè esserlo da povero fa davvero cagare.
    Decido di tirarmi su nell'unico modo che conosco. E no, non parlo di una strombazzata al chiaro di luna che sì, potrebbe essere anche romantica come idea ma con la temperatura simil artico che c'è oggi, finirei con l'accarezzare un pezzo di stalattite, che è una cosa davvero sconveniente.
    Tiro fuori una canna, ben rollata che sistemo alla meglio. Questa è una delle mie ultime creazioni, la mia ultima bambina. Mi è venuta così bene, che ho deciso di chiamarla Miss Bomb. Sì. Sono un pozzo di fantasia, me ne rendo conto.
    È così concentrata, che il primo tiro sembra già mandarmi ko, motivo per cui sono costretto a fermarmi. Sosto contro il parapetto, fissando l'acqua del lago in lontananza che riflette il cielo di stelle. Un'immagine poetica.
    Ed è mentre sono immerso nei miei pensieri appannati, che il mio sguardo intercetta un'ombra che mi fa trasalire, e quasi urlare come una donnetta. A mia discolpa dico che ero sovrappensiero.
    “Morgana ladra. Mi hai fatto prendere un colpo.” Borbotto tra me, valutando la possibilità di riempire di meno erba la mia sigaretta la prossima volta. Chissà, magari così riuscirò a prestare attenzione al mondo che mi circonda. Sbuffo un po' di fumo, provvedendo a nascondere la sigaretta dietro la schiena, muovendo la mano dinanzi a me per cacciare via il fumo. Auspico che la leggera brezza che c'è nasconda le mie malefatte. Mi rimetto poi dritto e guardo la ragazza. “Sei una prefetta e sei qui per mettermi in punizione, vero?”

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    Ho sempre sentito dire che la notte porta consiglio, ma ogni volta che chiudo gli occhi, a farmi visita non ci sono dolci e rassicuranti suggerimenti, solo incubi, il buio ed il freddo. È questa la ragione che mi ha spinta ad abbandonare il caldo letto del dormitorio di Corvonero, spingendomi a lasciare persino la sala comune.
    Una boccata d’aria è ciò di cui sento d’aver bisogno. Mi muovo silenziosamente lungo le scale e poi i corridoi, andando alla ricerca di un posto qualsiasi che possa essere la distrazione di una notte. È quasi un po’ imbarazzante, in effetti, cercare una distrazione in un luogo e non in una persona o in una bottiglia di incendiario, come erano solite fare le ragazze ed i ragazzi di Koldovstoretz, la scuola da cui provengo.
    Salgo silenziosamente le scale a chiocciola di un’altra torre, quella che una ragazzina di Tassorosso mi ha indicato quella mattina, durante il giro turistico, come la più alta del castello. I miei passi calibrati e silenziosi mi aiutano a passare inosservata, a non farmi scoprire quando salgo. Intravedo una persona quando inizialmente cerco d’affacciarmi oltre la soglia che divide l’interno della torre dal suo esterno. Un po’ allarmata, mi ritrovo in un primo momento a nascondermi. Volgo leggermente il capo verso quel ragazzo, notandolo fumare.
    Ah, nessuno di importante.
    Sollevata mi sistemo il mantello nero, internamente foderato di blu, per chiuderlo sul davanti e nascondere la lunga vestaglia da notte che indosso. Sarebbe poco consono, dopotutto, farmi vedere in pigiama da qualcuno che non conosco. O da qualcuno in generale. A quel punto mi muovo con più convinzione, intenzionata a prendere la fantomatica boccata d’aria. È a quel punto che lui mi nota, trasalendo persino per la sorpresa, o la paura, che il mio improvvisato arrivo gli provoca.
    < L’ho notato. > Le mie parole escono macchiate da un accento ancora un po’ troppo nordico. Arriccio le labbra, infastidita. Gli inglesi hanno un che di elegante nella loro pronuncia che mi fanno sentire come se fossi una cavolo di acromantula uscita direttamente dalla Foresta Proibita ogni volta che parlo.
    < Se fossi una prefetta, ti avrei già arrestato. > C’è qualcosa che non va del tutto nel termine usato, ma cosa ci posso fare, se sono arrivata da cosí poco?
    Muovo qualche passo verso il parapetto, fermandomi ad un passo da esso. Al contempo, mantengo l’accurata distanza di circa un metro e mezzo da quel tipo che ha tutta l’aria di essere un mezzosangue o addirittura un natobabbano.
    < La tua schiena sta fumando. > Gli faccio notare a quel punto, buttando un’occhiata verso di lui, intento a cercare di nascondere qualcosa dietro la schiena. Qualcosa che io non ho mai nemmeno visto. Figuriamoci. A qualcuno del mio livello non sono permesse certe cose.

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    Non mi lamento con la dea bendata, che mi mette sempre in condizioni di rischiare la vita per un infarto del miocardio. Dopotutto a queste sorprese malvolute sono anche piuttosto abituato. Magari però, non rischiare la vita ed altri punti, potrebbe essere un favore che potrebbe concedermi senza troppi problemi. Chiaramente no, non è d’accordo. D’altro canto, guardando meglio la mia interlocutrice, ed appurata la mancanza di dettagli sulla sua divisa, posso anche cominciare a tirar un sospiro di sollievo. Per adesso non mi sentirò responsabile di un’ulteriore perdita di granelli di sabbia nella clessidra dei punti visto che dinanzi, a quanto pare, non ho una prefetta o una caposcuola, ma un’infrangiregole come me.
    Ascolto le sue parole e non posso trattenere una mezza risata. Il suo accento è particolare, ruvido, e la scelta di parole eccessivamente ricercata. O è una fin troppo rigida, tanto da pretendere il mio arresto, o non conosce ancora a fondo la nostra lingua per poterla utilizzare senza gaffe. E questo è divertente. “Arrestato addirittura. Si calmi, sceriffo.” Alzo una mano in segno di resa, mentre l’altra resta ancora dietro la mia schiena a reggere la mia sigaretta. Gesto che non passa inosservato, come non lo fa il fumo che sale oltre la mia testa. “Mh?” Fingo di non capire dapprima quando mi fa notare che ci sia qualcosa dietro la mia schiena. Mi prendo un attimo insomma per creare una bugia. Sono piuttosto bravo ad inventare storie. “Ah. Sì.” Annuisco, fingendo di notare solo adesso l’imprevisto fumante. Porto la mano davanti, mostrandola all’altra. Potrei dirle la verità oppure inventare cazzate come sono solito fare, ed è chiaro che opterò per la seconda ipotesi. “Cercavo di propiziarmi il favore delle stelle con erbe divinatorie.” A quel punto, mi chino sulle ginocchia, alzando le mani al cielo e sventolando la sigaretta fumante sulla mia testa. Una scena davvero imbarazzante per chi non è abituato ad eccessi come questi. “Stelle! Aiutatemi a vedere il mio cammino!” E non mi importa se mi prenderà per pazzo. Mi assicuro così non andrà in giro a riferire di aver incontrato uno squilibrato visto che lo squilibrato condivide la scuola con lei. O almeno è ciò che mi auguro. “Funziona. Vuoi provare anche tu?”

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    I miei occhi gelidi scivolano senza fretta sulla figura di quel ragazzo, uno studente come tanti che ha avuto la sfortuna di incontrarmi per caso. Non il tipo di persona che normalmente degnerei di uno sguardo, ma vederlo sobbalzare per il mio arrivo inaspettato è stato comunque abbastanza divertente.
    Mi avvicino al parapetto, mantenendo una distanza da lui come la manterrei da chiunque altro. Qualcosa che faccio quasi d’istinto, un’abitudine che è nata per necessità. Il mio sguardo viene rivolto per qualche breve istante verso il panorama, almeno fino a che la mezza risata altrui non interrompe il nostro fragile silenzio. Il mio sguardo si spalanca leggermente quando la parola sceriffo esce incauta dalle sue labbra.
    < Sceriffo? > Domando, inarcando un sopracciglio. Una parola nuova, un termine che nel mondo magico non viene utilizzato. Qualcosa che mi è sconosciuto ma che in qualche modo, per via del contesto, riesco a ricollegare alla figura degli Auror, o almeno a qualcosa di simile.
    < Non paragonarmi ai babbani. > Sbotto, con un cipiglio appena severo nel tono di voce e nello sguardo. Il mento viene sollevato leggermente verso l’alto, una punta di arroganza che si intravede nelle movenze per quanto sparisca in fretta. Vengo attirata infatti dal fumo che si solleva dietro la sua schiena. L’osservo, roteando leggermente gli occhi nel vederlo tentare di fare finta di niente, senza nemmeno impegnarsi in quella messa in scena. Sbuffo piano, osservando cosa tiene nella mano una volta che finalmente decide di scoprire il mistero. Le mie sopracciglia si aggrottano leggermente. < Mi piacciono le erbe ed anche la divinazione. > Inumidisco lievemente le labbra. < Quali hai usato? > Chiedo, quasi volessi metterlo alla prova. Ciò che non mi aspetto è quanto accade dopo. D’improvviso vedo quel ragazzo inginocchiarsi e alzare le braccia al cielo, sventolando l’oggetto fumante quasi volesse scacciare qualche spirito maligno. I miei occhi si spalancano nuovamente ed un piccolo sorriso nasce sulle mie labbra dinnanzi a quella scena imbarazzante. Quasi non ci credo. A stento trattengo una risata, ma è la possibilità che ci possano scoprire a farmi avvicinare a lui di qualche passo. < Shhh! Ci scoprono! > esclamo sottovoce, con una tonalità tuttavia divertita. < Sei matto. > Scopro un leggero sorriso mentre l’osservo, cercando di intuire dalle sue vesti la casata a cui appartiene. Ne noto il grifone sul petto e sollevo leggermente le sopracciglia, senza tuttavia dire nulla.
    La mia mano si allunga verso la sigaretta, cercando di sfilarla dalla sua mano, stando attenta a non toccare nemmeno per sbaglio le sue dita. < Non farò la buffona… > mormoro verso di lui, osservando tuttavia quella sigaretta con una punta di curiosità, senza credere nemmeno un pochino a tutta quella messa in scena della divinazione. Non voglio mica mettermi in ridicolo.
    < Funziona tipo… La pippa? > Pipa.


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    Punto dalla sua precisazione non posso fare a meno di alzare le mani. Non amo porre differenze tra maghi e babbani e sinceramente amo ancor meno chi invece a queste differenze pone attenzione, ma il mondo magico è vasto e complicato, e di questi tempi non è mai saggio farsi nemici. Agirò quindi come sono solito fare quando la situazione diventa appena più complicata: fare finta di nulla e al contempo riderci giù. Non a tutti piace non essere presi sul serio, ma i più sono comunque così interdetti dalla mia reazione da non reagire e questo mi evita fastidiose e scomode situazioni in cui non mi piace trovarmi.
    “Non succederà più, mia signora.” Fingo un mezzo inchino in risposta alle sue parole duri. Babbani, maghi… che differenza c’è? Nessuno mi sembra realmente migliore degli altri. Siamo esseri umani e come tali, facciamo schifo in ogni contesto, con o senza magia. Non starò qui a disquisirne però. Non ho voglia di rovinarmi l’umore.
    “Ottimo.” Annuisco, mantenendo stoicamente un’espressione seria sul volto, sebbene ridere sia l’unica cosa che mi verrebbe da fare in questo momento. La sua domanda però mi coglie alla sprovvista. La guardo per un attimo con gli occhi sgranati, prima di pescare nozioni a caso immagazzinate nel mio cervello ora annebbiato. “Salvia e… basilico.” Basilico? Beh, sì, perchè no dopotutto. Ci dovrà essere un motivo per cui gli italiani lo ficcano dappertutto.
    E non ho tempo di rimuginare sulla mia pessima risposta, o sul fatto che abbia preso la sigaretta con una raffinatezza tale da sconvolgermi, che il suo nuovo quesito mi coglie impreparato. “Eh?” L’attimo dopo scoppio in una fragorosa risata che provo a controllare. “Sì, tipo la pippa, esatto.” Le rispondo poco dopo aver cercato di riprendere un contegno. “Ma non devi farlo per forza eh. Non è per tutti. Di sicuro non è per quelle come te. Una frecciatina, sì, a cui non potevo sottrarmi. E’ anche un modo per metterla alla prova. Dopotutto questa è una cosa da babbani in parte. Ma sì, non è una cosa che le dirò.


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    Il mio sguardo scivola con una punta di noia sulla figura di quel Grifondoro, intento ad alzare le mani a seguito di quell’affermazione che, in genere, risulta sgradevole alla maggior parte delle persone come lui. A nessuno piace essere posto su un piano inferiore, anche quando le differenze sono palesi. Intreccio le dita delle mie mani tra loro, poggiandole all’altezza del mio ventre mentre porto lo sguardo verso l’orizzonte, ammirando la volta celeste fino a che egli non mi rivolge la parola. Lo guardo con la coda dell’occhio, accogliendo annoiata l’atteggiamento da elfo domestico.
    < Per questa volta sei perdonato, grifone. > Mi limito a rispondere con naturalezza davanti a quella che forse doveva essere una sorta di presa in giro. Non ci bado troppo tuttavia, preferendo non cadere in inutili discussioni che mi farebbero solamente perdere tempo, amplificando unicamente il mio malumore e rischiando di togliermi definitivamente il sonno.
    Avverto in ogni caso l’atmosfera attorno a me farsi più fredda, quasi il mio commento avesse spento in qualche modo la flebile fiamma che avrebbe potuto riunire me e quel Grifone. Stringo leggermente le labbra tra loro, riscoprendomi nuovamente annoiata dal solito ciclo in cui tendo continuamente a cadere. Mi sorprende quindi riuscire a stupire quel ragazzo con le mie domande sulla sua sigaretta ed accolgo la sua risposta con fare leggermente perplesso.
    < Non hanno questo odore… > Sussurro aggrottando la fronte, cercando di capire se mi stia prendendo in giro. È chiaro, dal suo sguardo perso, che non sappia nemmeno lui cosa stia dicendo. Sospiro piano, allungando la mano per tentare di sfilare con delicatezza e senza osare toccarlo quella sigaretta, riuscendoci senza intoppi. La risata che esce dalle sue labbra mi fa bloccare per qualche attimo. Gli rivolgo uno sguardo interrogativo.
    < Ho detto qualcosa di strano? > Chiedo, sinceramente incuriosita e desiderosa di conoscere la risposta. Lo noto cercare di riprendere contegno e gli rivolgo un sorriso più incerto, voltandomi per andare a sedermi contro il freddo muro della torre. Unisco le gambe, mettendole laterali una volta a terra e poggio la schiena contro la pietra, abbassando lo sguardo verso la sigaretta, studiandola con curiosità.
    < Dimmi, come credi che siano quelle come me? > Domando senza scompormi dinnanzi a quella frecciatina, rivolgendogli un tiepido sorriso mentre avvicino la sigaretta alla bocca. Mi assicuro di sottolineare bene quel credi quando parlo, dopotutto, che ne sa lui di quelle come me? Il mio sorrisetto di fa appena più evidente, svanendo tuttavia nel giro di poco. Accolgo la sigaretta tra le labbra e ne prendo una boccata non troppo piena. La concentrazione delle sostanze mi porta a spalancare gli occhi chiari per la sorpresa. Allontano la sigaretta dalle mie labbra, tossendo leggermente e portando la mano libera davanti alla bocca. No, non mi aspettavo decisamente che fosse cosí carica.
    < Salvia… coff… E basilico, mh? > Borbotto, sbuffando del fumo nella direzione del Grifone, avvertendo la testa farsi più leggera ed il corpo rilassarsi leggermente sotto l’effetto di quelle sostanze. < …Vieni. > Ordino verso di lui, “invitandolo” ad avvicinarsi, allungando un braccio in sua direzione mentre rigiro la sigaretta nella mia mano, con la punta che brucia rivolta verso il mio palmo, cosí che egli non si scotti nel caso decida di riprenderla o tirare direttamente una boccata mentre la reggo. Nel mentre sorrido a labbra chiuse.
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    “La ringrazio, milady.” Fingo un inchino ma devo sembrare ridicolo mentre lo faccio. Di sicuro io mi ci sento tale. La prendo un po’ in giro per il suo modo di fare. Non ho mai avuto una particolare simpatia per i ricchi figli di papà ed anche se lei mi sembra appartenere senz’altro a quella categoria, non mi va di mettermi sulla difensiva. Non fin da subito. Gioco quindi, fintanto che anche lei sarà in grado di restare al gioco. Sia mai che qualche viziatello debba poi sentirsi offeso dalle parole di un mezzosangue. Non è il momento storico giusto per tirare troppo la corda o finirei con l’avercela io una corda al collo. Mia nonna non ne sarebbe affatto felice.
    “No?” Fingo di non sapere che le erbe citate non abbiano questo odore. Non voglio drogarla contro la sua volontà, sono solo curioso di vedere la sua reazione. Una reazione che so già mi divertirà. E’ sempre così con i novizi delle erbe rilassanti, così le chiamo io.
    Le lascio prendere la sigaretta, sogghignando nel vedere la delicatezza con cui evita il contatto con la mia pelle. Una così deve senz’altro cresciuta come una principessa, o come una che insomma non ha bisogno di toccare nulla per ottenere ciò che vuole, le viene direttamente servito su un piatto d’argento. “Diverse da quelli come me.” Rispondo quindi ambiguo senza darle la soddisfazione di una frase che so potrebbe poi rigirare a mio sfavore. Ridacchio appena per l’effetto che le fa la mia erballegra. Mi avvicino in seguito al suo invito, riprendendomi la sigaretta che mi porge e dedicandomi una boccata. “Puoi toccarmi. Giuro che mi lavo almeno una volta al mese.” Punzecchio la sua pazienza, perchè non posso farne a meno. “O a richland non vi consentono di sfiorare chi non ha almeno cinquantamila galeoni alla Gringott?”




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    L’osservo eseguire quell’inchino, accompagnato da quelle parole che compongono qualcosa di già visto e rivisto. Più volte ed in diverse salse, a dire il vero. Questa sa di presa in giro. Stiracchio un sorriso in sua direzione, poco toccata dal suo modo di fare. Non è il primo e non sarà l’ultimo a puntare sul mio modo di fare o sul mio nome per tentare di farmi effetto.
    < Vi dovete allenare di più, mio signore. > Commento, stando al suo gioco con una certa tranquillità. < Mancate ancora di una certa… > Agito la manina, fingendo di pensarci. < …Eleganza. > Ridacchio piano, divertita dalla scenetta con cui lui ha deciso di provocarmi. Meglio sicuramente che mettersi a sbraitare alle stelle, cercando chissà quale favore da Merlino e Morgana in persona.
    Sollevo un sopracciglio alla sua domanda retorica, assumendo un’espressione mezza divertita. < Non fare il finto tonto, Grifone. > Ridacchio piano, scuotendo leggermente il capo mentre recupero con delicatezza la sigaretta. Un gesto automatico e naturale quello di evitare il contatto fisico a cui, ormai, non faccio più caso.
    < E tu come sei? > Domando a quel punto, abbozzando un sorriso. < A parte uomo e Grifondoro. > chiarisco con una punta di divertimento, quasi avessi paura che lui possa usare quei dettagli contro di me e la mia domanda. Non che mi aspetti una risposta vera in ogni caso, visto come ha evitato la prima. La prima boccata di quella specie di sigaretta mi fa tossire un pochino. Avverto le mie guance accaldarsi appena ed al contempo la mia testa farsi più leggera. I muscoli si rilassano un pochino. Mi sembra quasi di sentirmi meglio, come se mi fossi appena tolto un peso di dosso. Le sue parole successive riescono, tuttavia, a far nascere in me un nuovo disagio.
    Sfacciato.
    Ecco come definisco quel ragazzo nella mia mente, accogliendo la sua provocazione che smorza un poco il mio entusiasmo. Normalmente mi sentirei infastidita, ma forse quel tiro d’erballegra mi ha aiutata ad accantonare la mia solita negatività. Sollevo pensierosa lo sguardo verso di lui, squadrandolo con estrema attenzione.
    < Ci siamo baciati indirettamente. > Gli faccio notare indicando la sigaretta da cui entrambi abbiamo fumato. Sollevo le sopracciglia, mentre il sorriso si fa appena più furbo. < Desideri un bacio vero? > Domando, inumidendomi rapidamente le labbra. < Dimmi, dove vuoi essere toccato? > Chiedo ancora, provocandolo a mia volta senza farmi problemi di sorta. L’osservo dare una boccata alla sigaretta e quando finisce allungo nuovamente la mano per tentare, con la stessa delicatezza usata precedentemente, di riprenderla. Vorrei dare a mia volta un’altra boccata, sentire nuovamente quelle sostanze prendere possesso della mia mente, sciogliendo traumi e dubbi.

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    “L’eleganza è una maschera.” Lo so, lo so. Una frase detta così, mi dà quasi l’aria da filosofo ed anche se so di non esserlo - o almeno per la società odierna - sono certo che le mie parole siano vere. A cosa serve usare buone maniere e parole forbite se dietro questi si nascondono mostri ben più spaventosi di qualcuno che beve il thè senza eleganza? Ci sono ambienti in cui gli usi e i costumi non si rifanno a dinamiche sociali in cui l’apparire è più importante dell’essere. Da dove vengo io ad esempio, essere, e sopravvivere soprattutto, è ben più importante di tutto il resto. E allora vaffanculo le buone maniere.
    Fingo di pensare per un attimo quando mi pone la sua domanda. Apro poi le braccia, indicandomi con un gesto veloce. “Beh, sono bellissimo. Non l’hai notato?” Sono raramente serio per cui mi viene difficile esserlo in questo momento. La serietà è noiosa e la vita lo è di suo per far sì che io ci metta il mio carico. Quando posso spezzo la monotonia di questa esistenza con una bella risata. Ridere e far ridere mi fa sentire come se la mia presenza avesse un senso.
    La sua considerazione mi strappa una mezza risata. “Se la metti così, sono un gran baciatore allora senza saperlo.” Ho condiviso così tante sigarette con chi potevo che a quest’ora dovrei considerarmi una sorta di don Giovanni, ma ahimè non è affatto così. Immagino che per lei sia tutto nuovo, o almeno lo è questa esperienza.
    L’erballegra comunque deve cominciare a fare effetto perchè le sue considerazioni passano da rigide a vagamente fraintendibili, tant’è che mi guardo un attimo intorno confuso. Forse anche un tantino a disagio. “Un bacio vero? Perchè no. Ma non vorrei pagare tutta la vita per questo.” Non prendermi sul serio è la mia moneta per affrontare ogni situazione, soprattutto quelle in cui mi sento a disagio. Mi dico di essermela scampata alla grande con la ia stupidità ma la frase che ne segue, quasi mi fa strozzare. Tossisco cacciando fuori il fumo, mentre torno in me. Per la sorpresa delle sue parole, mi scappa persino di mano la sigaretta. “Morganaccia.” Impreco, deglutendo per racimolare quel filo di sanità mentale che mi resta. “Ah, diamine. E’ andata.” Raccolgo la sigaretta, spegnendola poi contro il muretto. Meglio così se gli effetti sono quelli di rendere la principessina ancora più ostica sebbene in contesti differenti. E sì, ovviamente ignoro la sua domanda. Non sono pronto ad essere illuso da una ragazza. Non di nuovo. “Come hai detto che ti chiami?”





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    Il mio sguardo si fa ben presto annoiato nel sentire la prima affermazione di quella specie di Grifondiota che porta ben alta la bandiera di quel soprannome.
    < Tutti hanno delle maschere. > Mi limito a rispondere, sollevando leggermente le spalle. < L’eleganza é un concetto che mette insieme qualità come la gentilezza e la semplicità. > Premetti leggermente la lingua contro il labbro inferiore, sentendo i ricordi della mia infanzia riaffiorare prepotentemente nella mia mente. Di colpo le mie labbra si piegano in una smorfia. Mio padre mi ha sempre detto che io sono ben lontana dal rappresentare quei concetti ed, in effetti, ha ragione. < Viene solo erroneamente associata allo sfarzo delle famiglie ricche. La Archer, tuttavia, é la rappresentazione vivente del termine. > Commento ancora, pensando alla mia biondissima concasata che pareva una sorta di ninfa, un gioiello disperso per Hogwarts la cui lucentezza è a me irraggiungibile. Eppure, altro non è che una stracciona come il ragazzo che ho davanti. Le parole di quel Grifone non fanno altro che rincarare la dose di ciò che mi sono sempre sentita dire. Non me la prendo, so che sta cercando di fare il simpatico, per cui mi limito a rivolgergli un sorriso leggero, macchiato di un divertimento incapace di raggiungere il mio sguardo.
    < Menomale allora che sono brutta ed intelligente, non bella e stupida. > Commento con un tono che appare gentile nonostante lo vada a pungolare per quella battuta. Ne approfitto comunque per studiare meglio le linee del suo volto. Tratti pieni che compongono un viso apprezzabile, colorato da una sorta di bontà che si riflette nei suoi luminosi e grandi occhi blu.
    Ascolto con una punta di interesse le sue parole, alleggerita dal tiro di sigaretta che scioglie, in parte, il mio modo di fare. Ne fa sparire alcune preoccupazioni e mi rende più propensa al gioco, tanto che non mi trattengo dal provocarlo. Mi beo della sicurezza che mi spinge a pensare che lui scapperà dinnanzi alle mie parole, mi cibo del suo disagio sapendo che probabilmente cambierà discorso. Ridacchio quando si definisce un grande ma inconsapevole baciatore.
    < Uno così bello, deve esserlo quasi sicuramente. Sbaglio? > Riprendo con divertimento il suo essersi definito di gradevole aspetto, approfittandone per curiosare seppur in maniera giocosa in quella che è una parte privata della sua vita.
    Rimango comunque piuttosto sorpresa nel non sentire il rifiuto giungere dalle sue labbra, ma più un consenso accompagnato dalla preoccupazione di dover pagare per un’azione del genere. Sento le guance accaldarsi leggermente mentre le mie labbra assumono un sorrisetto tra il divertito e l’incerto. Valuto quelle che sono le mie opzioni, perdendomi un poco nei pensieri, focalizzandomi troppo su quel suo perché no.
    Nonostante le provocazioni che ho sfilato fino ad ora, prima di adesso non ho mai davvero pensato di sprecare il mio tempo dietro certe cose. Frenata dal mio rifiutare il contatto fisico con gli altri, potrei dire di non averle mai desiderate. Con la maggiore età che si avvicina e il possibile promesso che mio nonno sceglierà per me, tuttavia, il pensiero di scoprire come siano certe cose prima di finire tra le grinfie di qualcuno simile a mio fratello mi ha nell’effettivo sfiorata.
    Il mio sguardo torna sul Grifondoro, squadrandolo nuovamente mentre quasi si strozza, facendo cadere la sigaretta. Scruto le sue movenze come se stessi valutando qualcosa, ritrovandomi a sorridere divertita.
    Innocuo.
    È il primo aggettivo che balena nella mia mente quando lo guardo. La sigaretta viene spenta contro il muro e lui ignora la mia provocazione, convincendomi definitivamente. Scappando non mi dimostra altro che avere la stessa spina dorsale di Annabelle, la ragazzina di Tassorosso che è solita girarmi attorno. Accolgo la sua domanda con un sorrisetto e rapidamente mi avvicino a lui, cercando di allungare le mie fredde mani verso il suo viso. Tento di poggiarle sulle sue guance per tenerlo e con uno scatto veloce cerco di allungarmi verso di lui per poggiare le mie labbra contro le sue.
    Un tocco un po’ rude ed a labbra chiuse, privo di affetto ma saturo di curiosità, che durerebbe una manciata di secondi e niente di più. Giusto il tempo di sentire il suo calore ed il suo sapore confondersi con il mio.
    Che cosa strana, quella di baciare qualcuno.
    Mi allontano da lui subito dopo, riacquistando una distanza più consona mentre, con una mezza giravolta, mi muovo verso la ringhiera protettiva della torre.
    < Credevo lo sapessi già, visto il tuo inchino. > Riprendo il discorso come se niente fosse successo, quasi fosse frutto dell’immaginazione, puntando tuttavia il viso lontano da lui come a voler nascondere il rossore sulle mie guance.
    < Regina. > Confesso infine sollevando lo sguardo verso le stelle.
    < Tu, invece? >


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    “Io non ne ho. Questa è la mia vera faccia.” Mi indico il volto, mettendo su un ampio sorriso. Sì, ha ragione. In definitiva tutti portiamo una maschera per proteggerci dal mondo esterno e a volte anche da noi stessi, ma sono certo che la mia sia più cristallina della sua. Insomma, anche se la conosco appena, guardandola, non mi è difficile intuire che sotto i suoi colori da corvonero, si nasconda una furba serpeverde. Mi è bastato accogliere poche delle sue risposte o guardare il suo sguardo per esserne certo. E’ decisamente una a cui prestare ben attenzione per non finirne in qualche modo scottato.
    Faccio spallucce alla sua considerazione sulla Archer. Non ho avuto modo di conoscerla direttamente e non sono comunque interessato a parlare d’altri.
    “A me non sembri nessuna delle due. Ma magari sbaglio.” Rispondo alle sue parole, immaginando per lei una definizione fuori dai canoni citati. Ad esempio bella e velenosa mi sembra quella che più si adatta all’immagine che mi sono fatta di lei, ma come dicevo, magari sbaglio.
    Non ho modo di aggiungere altro tuttavia, che accade qualcosa di inaspettato che mi lascia interdetto. La guardo ad occhi sgranati quando tutto ad un tratto mi si avvicina, e poggia le sue mani sulle mie guance. Con la stessa sorpresa, assisto inerme al gesto da lei compiuto. Quel bacio non richiesto che mi disorienta e mi immobilizza. Di sicuro nel mondo animale non sarei il più furbo tra le prede se il mio senso di protezione mi spinge alla pietrificazione. Il punto è che non ricevevo un bacio da un po’ e questo gesto impensato ed improvviso mi fa perdere del tutto il nesso con la realtà. Cioè, cosa cazzo è accaduto?
    Deglutisco quando si allontana, ripermettendomi di respirare. D’altro canto per lei non sembra essere successo nulla di straordinario, o almeno a me così sembra. Torna alla normalità come se non avesse appena baciato qualcuno senza alcun motivo apparente. Questo mi confonde ancora di più. “Regina.” Rispondo alla sua domanda, salvo poi rendermi conto d’aver solo ripetuto il suo nome. Idiota. Scuoto il capo maledicendomi mentre la osservo allontanarsi e affacciarsi al parapetto. “Cioè Jonah.” Aggiungo poco dopo, dandomi mentalmente un applauso per aver fatto la figura del coglione. Con le donne mi capita spesso. Anche sempre diciamo. Gratto la nuca, guardandomi intorno e sbuffando nel tentativo di allontanare la tensione provata. Un po’ mi pento di essermi finto qui. Avrei potuto stare col mio culo al caldo sotto le coperte ed invece eccomi qua, a fare la figura dell’idiota. Ben fatto Hoffman. “Lo fai con tutti?” Interrompo il silenzio con una domanda spiazzante. So che forse non rientra nel galateo chiedere ad una donna perchè ti ha baciato, ma continua a stuzzicarmi l’idea di essere stato preso in qualche modo in giro, uno che ancora non capisco. “O dovevi dimostrarmi qualcosa?”

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    Ascolto quanto quel ragazzo ha da dire, riscoprendomi vagamente annoiata dalla sua affermazione. Annuisco leggermente, sollevando le spalle per scrollare con un movimento lieve, privo di verve. < Se lo dici tu. > Rispondo senza particolare entusiasmo, percorrendo con i miei occhi i lineamenti del suo viso. Molti si credono cristallini ma nessuno lo é mai davvero. L’essere nobile di cuore non implica la trasparenza dell’anima e, di certo, quel Grifone non verrà a mostrare la sua limpidezza proprio a me. Gli rivolgo un sorrisino leggero, che svanisce non appena lui risponde nuovamente alle mie parole. < Spero tu non mi voglia dare della stupida. > Avviso, inarcando un sopracciglio. Non mi interessa un accidente del mio aspetto, onestamente, ma non sopporto sentirmi meno a livello di prontezza di mente. Sarà perché sotto il veleno vi è davvero una corvonero?
    Non abbiamo modo di proseguire il discorso in ogni caso, diciamo che sono una persona che si annoia facilmente. Ciò che ho deciso di compiere prende alla sopravvista non solo lui, ma anche me. Mai avrei pensato di dare un bacio ad un pezzente qualsiasi di cui nemmeno conoscevo il nome. Il tocco tra le nostre labbra è tuttavia piacevole, diverso da come l’avevo immaginato. Il suo calore è come una carezza gentile contro la pelle, una sensazione a me sconosciuta che mi porta, qualche secondo dopo, a staccarmi da lui ed a riprendere le distanze quasi nulla fosse successo.
    Mi avvicino al parapetto, voltando il viso verso il panorama nel tentativo di nascondere un rossore che ha facilmente conquistato le mie guance. L’espressione scioccata che ho intravisto sul volto di quel ragazzo mi ha comunque lasciato un sorrisetto divertito sul viso. Mi piace come involontariamente mi faccia sentire di avere il completo controllo su di lui. Sbuffo quasi compiaciuta nel sentirlo ripetere il mio nome. Ha delle reazioni talmente buffe dinnanzi a ciò che gli accade che niente sembra stia succedendo per davvero. Sembra quasi un gioco. Jonah, é sicuramente un nome che mi ricorderò. Non rispondo al suo presentarsi, mi limito semplicemente ad annuire per fargli capire che ho compreso quello che ha detto. Il mio sguardo poi permane rivolto verso il cielo. Un po‘ lo faccio apposta, lo ammetto. Avvertire la sua presenza dietro di me, in qualche modo sulle spine, forse senza sapere cosa fare, é un adorabile passatempo.
    La sua domanda mi lascia un po’ sbigottita. Aggrotto le sopracciglia, assumendo un’espressione leggermente crucciata, perplessa sicuramente. Quanti ragazzi che abbia baciato, esattamente?! Mi volto verso di lui proprio mentre lui pronuncia anche quella seconda domanda. Capisco il suo dubbio. Ha la faccia e l‘atteggiamento di chi viene preso per il culo fin troppo spesso. Lo guardo negli occhi, sono certa di avere ancora le guance accaldate, ma non importa. Nel momento in cui inchiodo lo sguardo su di lui, avverto ancora la sensazione di avere il coltello dalla parte del manico. Di essere il gatto che gioca con il tipo. < Se ti rispondessi sinceramente, mi crederesti? > Domandai, sollevando con uno scatto curioso le sopracciglia. Mi inumidisco leggermente le labbra. < Ero curiosa di sapere come fosse baciare qualcuno. > Confesso, tra le righe, che quello era il mio primo bacio. < E tu mi hai fatto intuire che eri concorde, anche se forse era una presa in giro. > Mi riferisco al suo Un bacio vero? Perché no. Ormai non ha più importanza se lo avesse voluto seriamente o meno. Mi stringo leggermente nelle spalle. < Mi ha lasciata un po‘ insoddisfatta, devo dire. > Rifletto pensierosa. Che fosse stato il suo rimanere completamente immobile a lasciarmi quella sensazione? < Tu cosa ne pensi? Cosa ho sbagliato? > Dò per scontato che lui non sia alle prime esperienze perché é un ragazzo, un adolescente come mio fratello che, di certo, rispetto a me non si é fatto mancare nulla. Attendo la sua risposta, staccandomi dal parapetto per muovere qualche passo in avanti. < Non farti strane idee, comunque. > Avviso leggermente più fredda.
    < Era un bacio senza significato, puoi dormire tranquillo. > Ridacchio piano, frugando nella tasca del mantello per cercare qualcosa. < Ah, ecco! Per il “basilico”. > Estraggo un galeone dalla tasca, lanciandolo verso di lui senza avvisare. Sicuramente vale di più di quella sigaretta. < Tieni quello che è successo per te o te ne farò pentire, Jonah, hai capito? > Chiedo con un sorriso dalla curva morbida sul volto che di gentile ha solo l’apparenza.

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