Patrol night

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    Le piaceva andare in ronda il venerdì sera, le dava la sensazione di completare la settimana. Un impegno che lasciava uno strano senso di appagamento. Forse perché era l'ultimo prima del weekend, forse perché il giro per i corridoi era vagamente meditativo o semplicemente perché poteva rallentare un po' il passo. Eppure non prendeva mai il compito sotto gamba, attenta e meticolosa vagliava le ombre di ogni stanza e corridoio prima di cambiare direzione senza voltarsi indietro. L'unico vezzo che aveva in quei momenti era quello di cambiare percorso ogni volta ed andare a caccia di luoghi interessanti, e Midnight era sempre un buon compagno di esplorazioni. Sembrava non lo dispiacesse assecondare questa necessità di Evi almeno nelle ronde che era capitato di condividere. Quella sera avrebbero puntato verso una delle torri della scuola, la terza che aveva occasione di vedere, delle nove che l'istituto vantava. Anche se, effettivamente, la piccola Hais aveva una certa aspettativa per gli angoli reconditi dei sotterranei che aveva, molto casualmente, nominato un paio di volte. Quella sera però, per l'ultimo fine settimana prima di Halloween, aveva puntato ad un itinerario che passasse alla torre dell'orologio. Quando aveva raggiunto il Serpeverde per partire aveva, naturalmente, ancora addosso la divisa di scuola benché avesse allentato il cravattino e slacciato il primo bottone della camicia in un'auto concessione serale alla forma ufficiale. I capelli, invece, erano stati riordinati e chiusi in un morbido chignon, mentre lo sguardo veniva sottolineato da una, discreta, linea di matita nera che le allungava furbescamente la forma degli occhi. L'unico dettaglio effettivamente fuori posto era il piccolo livido sulla mandibola, una macchinina larga come il polpastrello del suo pollice e che virava, ormai, al verde chiaro. Al fianco portava una scarsella di pelle di drago dentro cui tintinnava lievemente qualcosa ma, il catalizzatore e la lampada, li teneva costantemente in mano. Puntuali, dopo il rintocco delle campane che decretavano il coprifuoco, erano partiti. L'ingresso della torre era al terzo piano. Erano saliti con calma e nel mezzo avevano, naturalmente, controllato una serie di corridoi. Lungo le scale qualche quadro aveva brontolato per la luce e qualche altro li aveva salutati. Nik “quasi senza testa” aveva fatto un silenzioso inchino e si era allontanato scendendo ai piani inferiori. Una volta raggiunta la porta della torre, Evangeline aveva posato la lampada a terra. Le luci dei corridoi non erano completamente spente ma ridotte di intensità così che diventava utile, se non necessario, portarsi dietro un piccolo aiuto per schiarire le aree in ombra. < Aspetta ad entrare, stavo per dimenticarmi che ho una cosa per te. > La voce bassa, quasi allineata alla quiete in cui calava Hogwarts la sera. Infilò il catalizzatore tra le labbra e, con le mani libere aprì la scarsella per estrarre un sacchetto di carta bianca, ben rigonfio, con il disegno di Mielandia stampato sopra che poi tentò di lanciare verso Mid, cercando di prendere le misure affinché il pacchetto gli arrivasse tra le mani in maniera abbastanza disinvolta.
    Recuperò il catalizzatore ed Inclinò la testa leggermente di lato < Ti dovevo una gomma da un sacco di tempo. > Lo sguardo divertito ed sorriso nascosto agli angoli delle labbra < Ma quando non ti ho visto alla gita per Hogsmeade ho pensato di completare con un po' di scorta. E ho fatto bene. > Si chinò per recuperare la lampada. Fu quello un momento di incertezza e silenzio nel quale tornò a farsi seria. Lo sbuffo scocciato che le saliva dallo stomaco fu mitigato in un sospiro a labbra chiuse, niente più di un respiro ampio emesso in fretta < Mi hanno sospeso tutte le uscite fino a data da destinarsi. > Prigionia. Galera. Lucchetti. Sbarre. Una Grifondoro chiusa a scuola poteva essere pericolosa. Anche quando il suo tono risulta sostanzialmente neutro grazie ad un discreto, ed elegante, sforzo personale. Eppure né il suo impegno né l'intonazione francese nelle parole poté cancellare completamente l'impressione che la cosa non le fosse davvero indifferente.






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    -Midnight; <3 - se spri il sacchetto fammelo sapere, ti dico il contenuto.


    Edited by Ligthstar - 14/11/2022, 14:43
     
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    Le ronde del venerdì sera erano indubbiamente quelle che odiava. Se durante la settimana non gli dispiaceva uscire e girovagare per i deserti corridoi, il venerdì portava con sé il gusto del weekend e lui era certo di poter spendere meglio il suo tempo. Senza contare che il venerdì era anche il giorno che portava, per certi versi, più azione. Erano di più gli studenti che cercavano di addentrarsi fuori dalle sale comuni ed il battitore, nell’uscire, aveva già notato qualche assenza sospetta tra i Serpeverde. Non aveva detto nulla però, semplicemente perché le ronde ormai erano iniziate, quindi eventuali trasgressori dovevano affrettarsi a rientrare, prima che qualcuno li beccasse. Probabilmente non lui e nemmeno Evangeline, visto che l’itinerario di quella sera puntava al perlustrare alcune delle torri del castello.
    Aveva atteso Evangeline nel punto accordato precedentemente per iniziare, con suo disappunto, l’ennesima ronda insieme. La maggior parte di quei momenti li aveva condivisi con lei. Quello non era di per sé un grosso problema, se si accantonava il fatto che cercava di limitare i contatti con lei, ma ciò che lo infastidiva era vedere le restanti coppie cambiare con molta più frequenza, lasciandogli il dubbio che dietro a quelle decisioni ci fosse lo zampino di qualcuno.
    Aveva lasciato i sotterranei di malumore, con ancora indosso la divisa scolastica, mancante del cravattino verde ed argento, che aveva abbandonato sul proprio letto. Aveva rivolto alla Grifondoro un’occhiata piuttosto seria, che si era fatta perplessa nel notare il livido sulla mandibola.
    « Che hai fatto alla faccia? » furono le prime parole che le rivolse, prima di iniziare a camminare lungo il corridoio che li avrebbe portati alla torre dell’Orologio.
    La Grifondoro aveva, fin dalle prime ronde, mostrato la stupida convinzione di poter scegliere dove poter andare. Non era così. I percorsi erano già stati stabiliti e sebbene la Hais fosse convinta che lui le permettesse di sgarrare ed andare in esplorazione, anche quella era un’illusione che si era creata da sola. Ragion per cui, anche quella sera, avrebbe allegramente ignorato tutte le frecciate riguardanti i sotterranei, luogo che a loro non era ancora capitato di controllare insieme. Avrebbero proseguito lungo il percorso prestabilito senza che Grifondoro se ne accorgesse: quello che faceva lui era darle l’impressione di soddisfarla percorrendo le strade a loro affidate ma in maniera diversa.
    « Cosa hai portato che continua a far quel rumore? » sbottò d’improvviso, infastidito, buttando uno sguardo alla borsa che la ragazza aveva con sé. Tornò subito dopo a guardare davanti a sé, la bacchetta stretta nella mano destra per sicurezza.
    Raggiunta l’entrata alla torre si fermò e raccolse la lampada, soffiandoci dentro per spegnerla. Ormai inutilizzabile, la lasciò dunque a terra e si avvicinò all’entrata, intenzionato a salire.
    Venne fermato però dalle parole della Grifondoro, che gli lanciò subito dopo un sacchetto di carta troppo gonfio. Lo prese al volo stando attento a non farlo aprire per sbaglio e la guardó con aria interrogativa, senza capire che cazzo stesse succedendo.
    « Non mi dovevi nulla. » rispose « E il fatto che tu non mi abbia visto non significa che non ci fossi. Ma grazie. » la guardò e le porse il sacchetto con dentro le caramelle. « Me lo dai quando abbiamo finito, non ho intenzione di girare con queste in mano. Sono di intralcio. » commentò, attendendo che lei lo rimettesse nella sua borsa. Gomme gratuite? Non ci avrebbe rinunciato visto che lei aveva pensato bene di spendere i suoi soldi inutilmente. Meglio per lui.
    Una volta sistemata, si voltò, iniziando a muoversi verso l’entrata, stavolta intenzionato a compiere i primi passi per salire. La voce di Evangeline lo interruppe di nuovo, costringendolo a fermarsi.
    Vaffanculo.
    Una irritante sensazione iniziò a farsi viva.
    « Quindi vuoi salire o ti devo accompagnare alla torre di Grifondoro? » e mosse il primo passo per compiere il primo gradino.







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    Perché, che aveva sul viso? Sollevò l'unica mano libera facendo correre i polpastrelli sull'ovale in cerca di un'anomalia. Forse una briciola o un punto sporco < Dove?> Chiese più curiosa che dubbiosa non trovando nulla, a tatto, fuori posto tra le sopracciglia e gli zigomi. I piedi già conducevano verso il percorso assegnato quando, passando l'indice lungo la linea delicata della mandibola, non senti una piccola fitta. < Oh, quella!?> Sorrise divertita indicando la botta < Non è nulla, solo uno schiantesimo. > La mano scese al fianco e si impossessò della bacchetta appesa al fianco, mentre l'altra reggeva già la lampada accesa, e parzialmente schermata, che li avrebbe accompagnati fino al termine del giro < La vittoria è valsa la pena. Un piccolo scherzo di Halloween molto ben riuscito. > Non diede dettagli ma lanciò al Serpeverde un'occhiata laterale piuttosto soddisfatta, ed a suo modo misteriosa, prima di lasciare cadere l'argomento e proseguire. Ci furono i corridoi e le scale, i quadri ed il leggero tintinnare della scarsella che aveva infastidito Midnight. Ma lei non aveva risposto al commento scocciato, si era limitata a sistemare la tasca per ovviare al rumore. Evidentemente qualcosa di rigido finiva contro ad una fibbietta interna. Ma la Grifoncina non aveva voglia di stare ad indagare su una tale sciocchezza e rischiare di svelare la presenza dei dolci. Avevano proseguito fino alla torre dove lo scambio del sacchetto di carta era terminato con le caramelle che tornavano, momentaneamente, al mittente < D'accordo. > Aveva annuito senza commentare, a caldo, la possibilità che Mid si fosse unito alla schiera dei compagni in gita senza che lei lo vedesse, lasciando implicita anche la possibilità che sfruttasse la sua abilità di metamorfo per passare inosservato. Eppure l'idea in sé l'aveva colta il contropiede e si era depositata da qualche parte nella sua mente. Non aveva intenzione di ignorare il concetto ma, in quel momento, era distratta da tutt'altra questione e si sforzava di dominare un'irritazione tutta sua che non era rivolta ai presenti. Fu a metà dello sbuffo trattenuto che il Serpeverde la richiamò. Evangeline sollevò di scatto lo sguardo verso di lui, increspando la fronte con una nota decisamente perplessa completata dalle guance che andarono, rapidamente, a colorirsi di un rosa appena più intenso. Usò il tempo necessario a raccogliere la lampada spenta, ed abbandonata a terra, per osservare con attenzione l'espressione di Mid, in un silenzio improvviso e decisamente attento. Fu comunque una reazione fugace, interrotta dalla luce delle lampade interne alla torre che la colpirono in pieno mentre procedeva nella prima stanza. La sala d'ingresso all'orologio era stranamente ampia e due scale di legno si dipartivano verso il piano superiore < Quindi, a te una scala a me l'altra, immagino > Asserì, nuovamente presente e concentrata al compito < Al quarto piano troviamo gli ingranaggi e dobbiamo verificare il corridoio che dà sull'interno della scuola prima di andare su. > Ripassava le indicazioni a beneficio di entrambi sollevando lo sguardo ad un ambiente perfettamente vuoto, illuminato e pulito. Si avviò verso la scalinata in legno che partiva a sinistra, rimasta libera, e posò un piede sul primo scalino < Al quinto piano c'è il quadrante ed una finestra che dà sull'esterno, giusto? Dovremmo controllare che sia in ordine, chiusa, e rientrare a scuola dai corridoi superiori. Da lì possiamo scendere ed abbiamo finito. > Espirò, lo sguardo limpido salì fino in cima alla torre. Da dove si trovavano ora si vedeva il pianerottolo del quarto piano in maniera molto chiara, mentre il resto rimaneva tutto un po' sovrapposto e nascosto dall'unica scala che procedeva verso l'alto. Avviò la salita senza tergiversare presumendo che Mid seguisse il percorso dal lato opposto al suo. Sarebbero così stati a qualche metro di distanza, mantenendo comunque la possibilità di vedersi presumibilmente senza interferenze e parlare senza dover urlare < Non so se ti hanno avvisato ma segnalano un paio di gradini sconnessi da qualche parte, meglio fare attenzione ai piedi. > La salita era un'unica rampa ripida. A percorrerla di fretta ci si sarebbe impiegato ben poco ma, farla di corsa, non era lo scopo. Evi salì comunque senza perdere tempo, badando ai gradini ed a quello che superava. Fredda roccia, intonaco e legno. Nient'altro fino al piano superiore. La scala dall'altra parte della stanza, addossata proprio alla parete opposta, rimaneva al limitare del suo campo visivo. Muoversi era confortante a suo modo ma, per un motivo o per l'altro, questa sera le mancava il consueto senso di calma. Inquieta cominciò a sfregare il pollice destro contro il manico della bacchetta ed a mordicchiare un angolo interno del labbro inferiore ma non trovò scalini sconnessi. Raggiunse il quarto piano posò la lampada a terra, l'anello che serviva a trasportarla le aveva lasciato una riga arrossata sul palmo che lei non controllò, si limitò ad aprire e chiudere le dita un paio di volte con un gesto automatico. Volse un'occhiata verso Midnight cercandolo nella stanza e schiuse le labbra. Per un istante, fu palese tutta l'intenzione di parlare di slancio di qualcosa che l'aveva colta sul momento facendole spalancare gli occhi blu. Ma qualsiasi cosa fosse non arrivò, lei sbatté le palpebre un paio di volte in sequenza e richiuse le labbra morbide che andarono a piegarsi appena in giù mentre lo sguardo sfuggiva fermandosi sugli ingranaggi dell'orologio < Posso chiederti un favore? >





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    Edited by Ligthstar - 14/11/2022, 15:49
     
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    Lo sguardo scrutava il volto di Evangeline con aria pensierosa, cercando di comprendere cosa l’altra avesse combinato. Aveva fatto caso a quel segno già qualche giorno prima, quando aveva iniziato a comparire sulla sua pelle, ma impegnato come era stato a cercare di evitarla, non aveva mai colto l’occasione per chiederle cosa fosse successo.
    « Qui. » Le dita si portarono sul proprio viso, indicando un punto della mandibola in modo che la Hais comprendesse più o meno la posizione di quel segno. Non ci volle molto prima che ella lo trovasse e gli rivolgesse un sorriso divertito che inizialmente il Serpeverde non seppe nemmeno comprendere a fondo. Fu la stessa ragazza a donargli qualche delucidazione, alle quali lui si limitò inizialmente a corrugare le sopracciglia. « Chi ti ha schiantata? » Brontolò, non comprendendo a fondo ancora cosa fosse successo, fino a che la Grifondoro non accennò allo scherzo di Halloween. A quel punto, tutto divenne estremamente più chiaro. Sbuffò divertito. « Devi aver spaventato parecchio quel poveretto. » Commentò, inarcando appena un sopracciglio, quasi incredulo davanti a quello scenario. Non riteneva Evangeline una persona capace di far paura. Tanto meno la vedeva capace di riuscire ad essere cosí tanto intimidatoria. Caratteristica che non poteva di certo considerarsi un difetto. Bastava vedere alcuni degli elementi di Serpeverde, lui compreso, per capire che forse era meglio essere più come Evangeline, che come loro. Dunque fu una sorpresa per lui venire a scoprire che in quella scuola ci fosse davvero qualcuno di tanto pauroso da farsela addosso per colpa di una Grifondoro. Scosse il capo, sfilando un sorrisetto sghembo che scomparve piuttosto in fretta, spazzato via dal nervosismo che ancora avvertiva e che venne alimentato sul tintinnante rumore che proveniva dalla tasca di Evangeline. Quando glielo fece notare, lei non gli rispose e si limitò a sistemarsi affinché quel rumore cessasse. Continuarono a camminare fino a quando non raggiunsero l’ingresso della torre dell’orologio, dove Evangeline gli rifilò un sacchetto di dolci che tornò indietro come era arrivato. Non li avrebbe rifiutati del tutto, seppur non comprendesse il motivo per cui davvero ella avesse deciso di comprarli per lui. La situazione però non faceva altro che peggiorare. Evangeline non colse minimamente cosa, con quella domanda, volesse intendere davvero. Arrossì e si zittì solo per qualche attimo ma non appena si mosse all’interno della torre dell’Orologio per raggiungerne l’ingresso estremamente ampio, la voce della Grifondoro tornò a farsi sentire.
    « É così che si dovrebbe fare. » Ribatté semplicemente riguardo al salire le scale su due rampe di scale differenti. Non aveva senso usare la stessa se qualcuno poteva scendere dall’altra parte. Fece roteare gli occhi chiari, irritato dal chiacchiericcio che ancora non era finito. Le dita della mano destra si strinsero attorno alla bacchetta con una forza tale che fu in grado di far sbiancare le nocche del Metamorphomago. Incamerò aria all’interno dei propri polmoni, cercando una tranquillità che quella sera non faceva, in alcun modo, parte di lui.
    « HAI ROTTO IL CAZZO! » L’alterata voce maschile vibrò echeggiante lungo tutta la rampa di scale, di cui era riuscito a compiere un solo gradino prima che la Grifondoro si facesse sentire. Ma, ormai, era troppo tardi per cercare di placare la tempesta che si era scatenata. Gli occhi avevano perso la consueta tonalità azzurra, trasformandosi in due gocce rosso sangue terribilmente simile alla tonalità che avevano assunto alcune ciocche dei suoi capelli.
    « CINQUE CAZZO DI MINUTI! È UNA FOTTUTISSIMA RONDA E NON RIESCI A STARE ZITTA CINQUE CAZZO DI MINUTI! » Entrambe le mani si erano chiuse a pugno. Le nocche sbiancate. Il cuoio capelluto prudeva tanto da dargli fastidio, alimentando l’ormai evidente rabbia che stava provocando una reazione involontaria dietro l’altra.
    « BRAVA, EVANGELINE, RIPASSA IL GIRO ADESSO, FATTI SENTIRE DA TUTTI. ANZI PERCHÉ NON FAI UNA MAPPA DA DARE A CHI ESCE DI NOTTE PER IL CASTELLO? COSÍ FAI UN RIPASSO ANCHE A LORO! CI CREDO CHE NON BECCO MAI NESSUNO QUANDO FACCIO RONDE CON TE! LI AVVISI PRIMA CHE STAI ARRIVANDO, TI FAI SENTIRE MANCO FOSSIMO ALLO STADIO A GUARDARE UNA PARTITA DI QUIDDITCH! » Aveva iniziato a gridare e non aveva più smesso, nemmeno per riprendere fiato. Le stava sputando contro tutta la rabbia accumulata senza il minimo ritegno. Il rosso del suo sguardo si faceva sempre più accesso, due punti di luce nel buio appena accennato di quella notte. I capelli stavano perdendo sempre di più il loro colore, sporcandosi di una furia che normalmente non era così forte. Persino il fisico era diventato più delineato. I bicipiti si erano fatti più evidenti e la sua statura, seppur di poco, si era alzata. In tutto ciò, l’aveva notata mordicchiarsi le labbra e cosí fare quella richiesta per avere un favore. In quel momento, però, proprio non riusciva a fermare il fiume di furia che continuava a scorrergli nelle vene.
    « BASTA! » Esasperato, mosse qualche passo indietro, sufficienti a scendere da quella rampa di scala. « SAI UNA COSA?! DIVERTITI! IO ME NE VADO. » Le ringhiò contro, assicurandosi si farsi sentire. Le dita della mano sinistra si mossero, cercando qualcosa che non trovarono: non aveva indossato il mantello. Non aveva nulla con cui nascondere la sua natura. Non poteva rientrare in sala comune. Si lasciò andare ad un urlo rabbioso. Il braccio si mosse velocemente e la mano impattò con violenza inaudita contro il muro che aveva a fianco. L’inquietante scricchiolio delle ossa si fece sentire, ma il dolore non fu sufficiente a placare lo stato in cui il Metamorphomago era caduto. Ringhiò, iniziando a muoversi verso l’uscita, deciso ad imboccare il corridoio che l’avrebbe portato al bagno dei prefetti.







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    "Non mostrare mai tutte le carte della tua mano" era un concetto che sua madre aveva tentato disperatamente di inculcarle. Ogni piccola abilità andava allenata e dosata. Giocare a carte coperte era essenziale nel mondo in cui stava crescendo, mondo che un giorno avrebbe dovuto saper affrontare e gestire per non soccombere ad altri e costruirsi una posizione. Evangeline aveva disperato di riuscire a tenere nascosto qualcosa, convinta di essere semplicemente troppo impulsiva nei momenti salienti. Eppure, in quel breve frangente in cui Mid si interessò al piccolo ematoma sul mento, lei colse sul volto altrui una nota inattesa. Cos'era? Curioso o stupito? Interpretare l'espressione le era difficile ma quella singola reazione risultava nuova. Forse, quindi, una volta tanto era riuscita a tenere una carta coperta. Sua madre avrebbe riso di lei e della sua piccola soddisfazione, ma il sorriso divertito non si era spento sulle labbra della ragazza che s'era ben guardata dal dare ulteriori dettagli, rovinando l'effetto. Lasciò cadere l'argomento per proseguire la strada verso la torre. Lungo la sequela di corridoi aveva poi risolto il ticchettio nella tasca senza perderci tempo intorno ed accettato il rientro delle caramelle, tenendo per sé una nota stupita. Poi qualcosa s'era incrinato. La sensazione di tensione che le aleggiava intorno con fastidiosa insistenza le era salita alla testa in una bolla di imbarazzo quando Mid l'aveva richiamata. Era certa che la ronda stesse proseguendo in orario eppure, evidentemente, era in torto. Aveva recuperato la lampada ed accelerato il passo. La torre dell'orologio era bella vista da fuori, ma era la prima occasione che aveva di salire l'interno. Trovò la stanza vuota e luminosa, le scale solide erano un po' consumate al centro. Quanti piedi aveva visto salire e scendere. Ma se avesse dato retta all'agitazione che aveva dentro avrebbe fatto tutta la torre di corsa senza guardare nulla. Doveva frenare, subito. Aveva sentito la voce maschile concordare sulla divisione delle scale ma non era quello di cui aveva bisogno. Le venne spontaneo ripassare il percorso, cercare la concentrazione in una struttura prefigurata che incanalasse il resto. Fu una pessima scelta. Non aveva fatto più di tre gradini interi quando Mid era scoppiato come una bombarda. Il riverbero della sua voce contro la roccia fu così forte da far male alle orecchie, e lei, presa tra capo collo dallo spavento, perse la lampada che cadde con un tonfo secco sullo scalino crepando il vetro. Si voltò allarmata, con gli occhi spalancati e l'espressione smarrita sul volto. Per un istante, brevissimo, cercò nel locale l'elemento dissonante che avesse scatenato una simile reazione finché, tra i battiti accelerati e il respiro inesistente non realizzò che la causa di tutto era lei. Piantò tutta la sua attenzione sul Serpeverde. Vide gli occhi rossi colmi d'ira sul volto contratto, notò i capelli che mutavano colore, i muscoli pronti all'azione. Parve più alto, forse lo era, poteva volendo. Lo aveva già visto arrabbiato ma non così e, soprattutto, non con lei. La struttura del suo corpo mutava leggermente man mano che lasciava sfogo crescente alla collera. Lei incassò la testa tra le spalle, serrando le labbra, l'espressione preoccupata ed il viso pallido. Il gradino dietro di lei le impediva di retrocedere oltre e tenere lo sguardo alto fu una prova di forza contro se stessa. Strinse la bacchetta e l'orlo della camicia. Voleva solo girarsi e scappare via. In mezzo alla confusione che le imperversava dentro il volto di Einar le passò davanti agli occhi 'Egocentrica, viziata e pure stupida' facendo eco al rimprovero del compagno. Una morsa di rabbia le aggredì lo stomaco. Forse non avevano torto ma quella era solo metà della verità. La loro metà, perché la sua non poteva esistere? Mid arretrò scendendo dalla sua scala. La frase con cui si stava congedando suonò spezzante alle sue orecchie e andò a sommarsi al dolore cupo di sentire il proprio nome infarcito di tutto quello che di sbagliato c'era in quel momento. La Grifondoro strinse la mascella e contrasse l'addome quando si accorse di tremare sotto pelle. Lo vide scattare, il suo pugno impattò contro il muro. Lei voltò di scatto la testa e chiuse gli occhi trattenendo il respiro. Era chiaro che un gesto simile avesse delle conseguenze fisiche e il suo istinto le impedì di guardare mentre si faceva male. Rabbrividì. Fu un breve istante, quando tornò a guardarlo, lui si muoveva per uscire < D'ACCORDO. > Lo slancio rabbioso di quell'unica parola la stupì. Non aveva mai alzato la voce con nessuno. Si accigliò, una piega sorse tra le sopracciglia. Proseguì di riflesso, impudente. Non urlava più, ma la rabbia aveva trovato spazio < D'accordo, ho dimenticato di contare quante sillabe usavo.> Ironizzò < Scusa tanto! Non sapevo servisse anche con te! Di solito è un favore riservato agli stronzi, che per altro sono già tanti così! > E più parlava più le si colorivano le guance e l'enfasi accelera il respiro. Si chinò e le dita della mano sinistra agganciarono l'anello della pesante lampada ad olio che ondeggiò < Ed è venerdì sera, sono stanca quanto te e questa cosa > indicò la scala < Io non la so fare! Non sono tenuta a saper fare tutto ugualmente bene. E se vuoi silenzio CHIEDILO! > Per un momento si sentì sull'orlo di un fossato. Il respiro celere le riempiva il petto ed il sangue le pulsava contro le tempie. Improvvisamente chiuse la bocca. *Stupida* Tutto si stava consumato in una manciata di minuti ma lei sentiva infinitamente più stanca. C'erano un milione di cose che voleva dire, invece si limitò a sollevare la mano con la bacchetta passando le dita tra i capelli fino a intrecciarle con lo shignon < Maledizione! > Il bisbiglio di quell'ultima parola accompagnò la discesa del braccio fino al fianco. Si voltò di lato, era intenzionata ad appoggiare la schiena contro il muro con l'assoluto desiderio di sparirci dentro. Invece ci fu il rintocco metallico della lampada contro la roccia e lo scricchiolio del vetro incrinato che si staccava di netto dal supporto. Rumore di vetro rotto. Evangeline Hais ringhiò.





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    Edited by Ligthstar - 28/4/2023, 10:40
     
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    Midnight realizzò ben presto che Evangeline Hais non sapeva cosa fosse il silenzio nemmeno quando gli veniva urlato in faccia di chiudere la bocca. Quello di parlare era semplicemente un istinto più forte di lei. Fu palese quando davanti alla sua sfuriata, al suo farsi male, al dirle in modo poco carino che era stanco di sentirla continuare a blaterale, lei gli urlò contro a sua volta. Si fermò prima di uscire, girandosi di scatto verso di lei. Gli occhi cremisi brillarono pericolosamente e quando lei iniziò a parlare, lui, di contro, iniziò ad avvicinarsi a lei, divorando rapidamente la distanza che li separava. La mano rapida cercò il polso di quella di Evangeline che teneva il catalizzatore, tentò di catturarlo e sbatterlo contro il muro, cercando di costringerla ad indietreggiare e mettersi con la schiena contro di esso. Non fu delicato. L’azione seguì l’onda della rabbia che sentiva scorrergli nelle vene, animando di rosso i suoi capelli ed i suoi occhi. Dire che fosse furioso era poco e si sarebbe sorpreso se, il giorno dopo, Evangeline avesse trovato sulla pelle il segno della stretta con cui la teneva imprigionata. Le sue parole erano arrivate come una serie di scuse con cui lei tentava inutilmente di giustificarsi e che non fecero altro che buttare benzina su un fuoco già acceso, divampando le sue fiamme. Le ringhiò contro ma non le rispose, non perché non sapesse cosa dire, ma perché non sarebbe servito a nulla. Lei avrebbe replicato e lui si sarebbe solo incazzato maggiormente. Le dita si strinsero maggiormente attorno al polso della Grifondoro, quasi volesse spezzarglielo. E fu proprio la realizzazione di volerle fare del male che lo portò a staccarsi di scatto da lei. Le iridi si spalancarono di colpo e per un momento tornarono azzurre, una frazione di secondo e poi la rabbia tornò a farsi viva. Veloce, si allontanò dalla Purosangue senza guardarla, portandosi le mani contro le orecchie per non ascoltarla qualora volesse urlargli ancora contro, provocando un animo che doveva essere lasciato stare. Si allontanò in fretta e sparì lungo il corridoio, entrando alla fine nel bagno dei prefetti che, per sua fortuna, trovò vuoto e vi si chiuse dentro.






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    Le guance di Evangeline si erano fatte rosse di rabbia tra una parola e l'altra. Un motto di genuina ira ribelle che si riversava su Midnight e che le stava costando un coraggio non indifferente. Rispose davvero, senza cedere alla tentazione crescente di inforcare le scale e scappare. Battuta su battuta, restando su quel dannato gradino nonostante il battitore avanzasse nella sua direzione a passi ampi e decisi, evidentemente furioso. Avrebbe dovuto fermarsi molto prima, quando si era accorta che qualcosa nel tono del ragazzo non funzionava. Avrebbe dovuto stare attenta a cogliere per offrire un po' di empatia, magari. Invece questa volta aveva scatenato una diatriba che rapidamente aveva finito col' ardere la conversazione, in un crescendo tale, da non permettere loro di fermarsi in tempo prima di litigare. E non era certo colpa di quattro chiacchiere fatte il venerdì sera in orario di ronda. O si? Perché così tanto arrabbiato? La domanda, che si era fermata nella testa della Grifondoro durante la discussione, venne spazzata via quando il ragazzo prese a salire la scala. Era più alto, si. Evangeline se ne accorse immediatamente, ogni dubbio a riguardo scomparve. Non aveva bisogno di stare a guardarlo, lo conosceva abbastanza perché il suo istinto facesse risuonare l'allarme nella testa. In quello stesso momento percepì che doveva aver aumentato anche la sua massa muscolare. Per fare cosa? Gli occhi rossi sembravano brillare nonostante la luce della torre. Le si alzò la pelle d'oca addosso e l'ira si spense davanti all'improvvisa consapevolezza di non aver più spazio per andarsene. Ebbe tempo solo per spaventarsi prima di sentire le dita del Serpeverde agguantarla per il polso, stringendo una morsa inaspettatamente feroce, mentre la spinta la faceva arretrare violentemente contro il muro di pietra. L'impatto della mano fu duro. Trattenne il fiato con il cuore che martellava in petto dolorosamente. La lampada sbatté contro la parete, sbilanciata dal movimento improvviso e lei la lasciò andare di schianto, facendola cadere sui gradini di legno. Sollevò lo sguardo sulle iridi rosse solo per un istante, Midnight la sovrastava con addosso qualcosa che lei non aveva mai visto. Una rabbia cupa e decisamente pericolosa. L'espressione di Evangeline era stretta tra il dubbio delle intenzioni altrui ed il dolore al polso che aumentava, contratta irrimediabilmente tra lo spavento ed il dolore. Lasciò anche la bacchetta e quando lui le ringhiò contro. Il dolore le riempiva la testa ottenebrando i pensieri. Per tacere parole e pensieri strinse brutalmente le labbra tra loro, volgendo il viso di lato, abbassò gli occhi tremando appena sotto pelle nel tentativo di contenere tutto quanto. Non fece caso al formicolio leggero al collo quando l'alone, appena percettibile, di un piccolo fiore rosa comparve sulla pelle. Poi lui lasciò di scatto. Qualsiasi cosa fosse accaduta, da un istante all'altro si sentì liberare con un gesto brusco. Si era consumato tutto in pochi istanti, dilatati solo nella mente della Hais. In quel momento avrebbe potuto dire un milione di cose, ma non lo fece. Restò in silenzio. Le guance erano ancora rosse, ma accompagnavano gli occhi lucidi che rimanevano lontani dalla figura del ragazzo. Un respiro fece fremere il petto, abbassò lentamente il polso massaggiando piano con le dita della mano sinistra là dove la pelle era evidentemente arrossata. Sentì i passi del battitore allontanarsi in fretta, lo intravide uscire solo con la coda dell'occhio. Lei si lasciò scivolare contro il muro sedendosi sul gradino, stordita dal silenzio. Restò sola.






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