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    CASSANDRA ARCHER

    « MEZZA VEELA - VI ANNO - CORVONERO - CLUB DEL GIORNALINO »

    La Sala Comune Corvonero era ampia, circolare ed ariosa. Le finestre ad arco lasciavano entrare la luce lunare della sera. Le bianche pareti erano adornate da drappi di seta blu e bronzo e qua e là, nel muro o tra altri archi, c’erano scaffali ricolmi di libri. Un caminetto acceso e scoppiettante era invece posto al centro della Sala, mal il vero spettacolo era il soffitto. A cupola e ricolmo di stelle. Mi soffermavo spesso ad osservarlo estasiata, attirata da quelli che parevano dei dipinti. Quella sera però, non ero li per una visita di piacere o per godermi un po’ di relax. Una volta risolto l’indovinello ed essermi guadagnata l’accesso alla torre, infatti, ero sfilata velocemente verso i dormitori, superando la statua di Rowena Ravenclaw che divideva la sezione femminile da quella maschile. Il mio passaggio lasciò qualche strascico di vernice azzurra che mi era stata rovesciata addosso da alcune studentesse. Non mi ero soffermata sui motivi per cui avevano compiuto un gesto simile, probabilmente erano i soliti, avevo preferito correre via e trovare rifugio nella stanza che condividevo con altre ragazze. Il mio sguardo non corse sui letti a baldacchino, ma scivolò direttamente verso la porta del bagno. Veloce come il vento mi infilai in esso, lasciando di me solo una breve visione. Alcuni dei fili dorati che componevano i miei capelli, macchiati di vernice, i vestiti azzurri su una parte del corpo. Gli occhi leggermente lucidi e le guance arrossate in un mix di rabbia ed imbarazzo. Le labbra carnose imbronciate, con gli angoli piegati leggermente verso il basso. Sbattei la porta, chiudendomi dentro per darmi quantomeno una ripulita. Sul pavimento qualche goccia era testimone del mio passaggio, insieme a chi mi aveva correre, tra questi qualcuno forse aveva iniziato a chiedersi cosa fosse successo.
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    Era stupido, incredibilmente stupido! Avevo tra le mani il libro di pozioni e da più di un ora mi scervellavo per capire le parole scritte tra quelle pagine. Nulla! Non era da me, nessuna materia mi era mia risultata difficile, men che mai pozioni, eppure ero lì da un ora a tentare di memorizzare il procedimento per la pozione Amortensia. Forse il problema era che la ritenevo incredibilmente stupida, anche immorale per certi versi. Era più forte di me, quando qualcosa non mi interessava non riuscivo a concentrarmi a dovere. Avrei potuto gettare la spugna, ma era una cosa che facevo difficilmente nello studio. Avevo bisogno di una pausa, dieci minuti sarebbero bastati. Mi lasciai cadere sul letto, il libro sul viso e tanta voglia di dormire. Proprio in quel istante sentii dei passi rapidi e sobbalzai. Chi diamine era? Scattai in piedi, seguendo quel suono senza pensarci due volte e trovai Cassandra. Divisa macchiata e faccia affranta. Non si poteva dire che avesse una bella cera. - Cosa Merlino è successo? - il mio tono di voce era leggermente alterato. Non per lei, ma perché non riuscivo a capire cosa l’avesse ridotta in quello stato. - Sembri uno strano incrocio tra uno gnomo e una sirena - e no, non sapevo neanche io perché avevo citato quelle due creature. Feci un paio di passi verso di lei prendendo una ciocca dei suoi capelli tra le dita. - Potresti lanciare una nuova moda. Che ne pensi? - la sua espressione mi diceva che non la vedeva allo stesso modo. - Ehi! - le diedi una piccola pacca sulla spalla. Non mi piaceva quel espressione.


     
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    « MEZZA VEELA - VI ANNO - CORVONERO - CLUB DEL GIORNALINO »

    Avevo corso talmente velocemente che non avevo notato la figura di Elizabeth stesa su uno dei letti. Avevo cercato di nascondermi e trovare rifugio in un luogo dove nessuno avrebbe potuto raggiungermi come facevo di solito, quando le giornate si facevano brutte avevo la tendenza a rinchiudermi in me stessa. Entrata nel bagno, avevo aperto l’acqua del lavandino per cercare di lavare via parte dell’azzurro che mi macchiava. Non mi accorsi però che la porta non si era chiusa del tutto, ne tanto meno dell’arrivo della Prefetta di Corvonero. La sua voce mi fece sobbalzare sul posto. Mi voltai verso di lei. Avevo gli occhi lucidi ed un poco arrossati, le labbra piegate in un broncio. Avvertii una nota di furia nella voce della ragazza che avevo davanti. Una presenza che era diventata stabile durante quegli anni di scuola. Un’amica. < Delle Grifondoro! > Non avevo motivo di mentirle, non era di certo il primo episodio di bullismo che subivo. Sbuffai tra l’infastidito e il divertito nel sentire il commento successivo. Liz aveva sempre avuto la curiosa l’abilità di riuscire a ridipingere parte del grigio di quei momenti. Il disappunto non spariva del tutto, no, ma mi era difficile rimanere del tutto arrabbiata in sua presenza. < Mi hanno dato del gnomo da giardino. > Bofonchiai, confermando in parte quella che era stato il suo pensiero. Ero bassina, non era una novità. Ero stata presa di mira anche per quello. Non mi ritrassi quando lei prese tra le dita una ciocca dei miei capelli. La guardai incerta. < Dovresti farlo tu… Penso ti starebbe meglio questo colore… > Le risposi, toccando un po’ di vernice con le dita. Allungai la manina verso di lei e, un po’ dispettosamente, tentai di sporcarle un poco la guancia. Un breve sorriso si dipinse sul mio volto. < Ah… Si, ti sta bene l’azzurro. > Sincera, andai poi ad indicarle l’acqua. L’imbarazzo e l’incertezza tornarono vivi, la voce tremò appena. < Mi aiuti a toglierla, per favore? >
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    Grifondoro, a detta di alcuni sarebbero dovuti essere l’orgoglio dell’istituto, invece. Come era possibile essere così infantili da prendersela con una ragazza, per cosa poi? Gelosia, semplice e stupida gelosia. Cass aveva un certo fascino sui ragazzi e la cosa non andava giù a tutte. Persone davvero stupide che basavano la loro vita sui complimenti ricevuti dagli altri. - Detto da qualcuno che probabilmente ha il cervello di uno gnomo da giardino non mi pare una vera e propria offesa - alzai le spalle. Ovviamente il problema non era l’offesa. Le parole avevano un loro potere, ma nonostante tutto restavano tali. Il problema era il gesto che ne era seguito. Altrettanto stupido, ma fatto sulla persona sbagliata. Cass era mia amica e in quanto tale intoccabile. Forse non glielo avrei mai detto, ma immaginavo lei lo sapesse. - Ferma! - provai ad allontanare la sua mano senza riuscirci ritrovandomi una guancia azzurra. - Ho ucciso per molto meno…- bofonchiai tentando di ripulirmi con un asciugamano. - Non so se lo meriti - le risposi mentre impugnavo la bacchetta e provavo a darmi il mio solito contegno da ragazzaccia. Con Cass non mi riusciva quasi mai. - Dici che un grattanetta possa bastare? - forse no, ma valeva la pena di tentare, no? - Posso o hai paura di passare dal blu al verde. Verde serpeverde… potrebbe donarti o incuriosire qualcuno. No?


     
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    « MEZZA VEELA - VI ANNO - CORVONERO - CLUB DEL GIORNALINO »

    Il commento di Liz riuscì a strapparmi uno sbuffo vagamente divertito. < …Sono grifondoro… > Le ricordai, come a voler dire che per forza, avevano il cervello di un gnomo da giardino. Naturalmente, era solo un piccolo insulto ironico. Per quanto ci fossero elementi sgradevoli anche tra i grifoni, sapevo che non tutti fossero fatti così. Il problema era ciò che mi avevano fatto. Succedevano ancora, seppur in maniera minore rispetto a qualche anno prima. Capitava ancora che ci fossero persone cattive nei miei confronti perché invidiose. Di cosa, poi? Avere un bell’aspetto mi aveva procurato solo guai. Aveva fatto crescere insicurezze e domande che non sapevo affrontare o di cui temevo la risposta. Se fossi stata una normale mezzosangue e non una mezza Veela, avrei potuto avere un rapporto normale con le persone?
    Elizabeth, era una delle poche persone che riuscivano a vedere oltre il mio bel faccino, oltre l’etereo bagliore che sembrava seguirmi ovunque andassi. La sua amicizia era una sicurezza a cui non avrei potuto rinunciare. Persino in quel momento dove le emozioni si mescolavano come un turbine tra loro, riusciva a strapparmi un sorriso. L’osservai pulirsi la guancia con un asciugamano, ridacchiando piano tra me e me. Liz sapeva mostrarsi dura ed autoritaria quando voleva e probabilmente il suo modo di fare da ragazzaccia era in grado di spaventare alcuni degli studenti, ma io sapevo che dietro quell’atteggiamento ci fosse ben altro. Gli angoli delle mie labbra si arricciarono piacevolmente verso l’alto, mostrando un sorriso leggero e vagamente furbo, quello che facevo quando sapevo che comunque me la sarei cavata lo stesso, nonostante la “minaccia”. La domanda mi fece sbattere un paio di volte le ciglia. < Per i vestiti…? Forse. > Le risposi pensierosa, corrugando leggermente le sopracciglia. Poteva la vernice essere un avversario ostico per quell’incantesimo?
    Le sue considerazioni mi distrassero, portando le mie guance a colorarsi di un tenue rossore, come se mi avesse punta sul vivo. < T… Tipo chi? > Balbettai leggermente, quasi volessi considerare quell’affermazione assurda ma allo stesso tempo volessi una risposta a quel quesito. < I Serpeverde… Sono dei musoni. > Aggiunsi mordicchiandomi leggermente il labbro inferiore. L’imbarazzo divenne improvvisamente più evidente. La mia voce si ridusse in un sussurro più timido. All’improvviso sentii la vernice che mi ricopriva perdere di importanza. < Come potrebbe uno di loro trovarmi interessante? >
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